Veronica Abaza, 64 anni, uccisa dal convivente quarantenne Lucian Stan
di Redazione

Gela, Caltanissetta – “L’ha aggredita brutalmente, nella loro abitazione di via Amendola, e uccisa a mani nude”. Così il procuratore capo di Gela, Salvatore Vella, in conferenza stampa, ha ricostruito i particolari di quello che ha definito “un efferato femminicidio”, con l’uccisione della sessantaquattrenne Veronica Abaza da parte del convivente quarantenne Lucian Stan, arrestato e attualmente detenuto in carcere.
“L’indagato è un uomo violento e la sua condotta andava avanti da anni – hanno riferito i pm e i carabinieri del comando provinciale di Caltanissetta – la vittima però non aveva mai denunciato”. Stan avrebbe cercato di modificare la scena del crimine, “eliminando le macchie di sangue”.
“Ha cercato di minacciare diversi connazionali che vivono in città e conoscevano la situazione nel rapporto con la donna. La comunità romena però ha collaborato, aiutandoci”, è stato aggiunto in conferenza stampa.
Anche nel corso dell’interrogatorio di garanzia, il quarantenne avrebbe fornito una versione legata a un presunto incidente domestico, dovuto all’assunzione di alcool da parte della donna. Aspetti che non hanno convinto fin dall’inizio gli investigatori, inducendoli a effettuare l’autopsia sul corpo della vittima, dalla quale sono emersi elementi che hanno fatto scattare l’arresto e l’accusa di omicidio.
A corroborare il quadro indiziario contro l’indagato, dicono i carabinieri, vi è “la relazione preliminare sull’autopsia giudiziaria eseguita sul corpo della donna”. Secondo quanto accertato dal medico legale, infatti, la causa del decesso sarebbe da ricondurre a “grave politrauma cranico-encefalico e toraco addominale chiuso, condizionante una insufficienza cardiaca”.
“Lesioni – dicono gli inquirenti – da ricondurre a natura traumatica e all’azione meccanica violenta di terzi esercitata con pugni e calci ma anche per urto della testa contro una struttura rigida, mentre sul torace e sull’addome sarebbero stati realizzati meccanismi di compressione e schiacciamento descritti plasticamente nel provvedimento cautelare con ‘l’aggressore che sormonta a cavalcioni la vittima’”.
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