Cronaca
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22/11/2025 19:19

Ragusa, i genitori dello studente bocconiano aggredito: “Disumani”

Da sinistra, Ahmed Atia e Alessandro Chiani, il feritore

di Redazione

Milano – Lo studente bocconiano di 22 anni originario di Ragusa «è ancora in rianimazione e non sappiamo ancora come uscirà dall’ospedale»: lo ha detto Luca Bernardo, il direttore della pediatria del Fatebenefratelli, ospedale dove il ragazzo è stato portato subito dopo l’aggressione e dove è stato operato più volte.

Parlano i genitori della vittima

«Turbati e indignati» per la loro “disumana indifferenza», ma anche «increduli» per le frasi di circostanza e le giustificazioni «banali e strumentali». Il giorno dopo gli interrogatori dei cinque giovani arrestati per aver pestato e accoltellato il figlio, studente 22enne della Bocconi, originario di Ragusa, c’è angoscia nelle parole dei genitori, «fiduciosi che l’operato della Giustizia faccia il suo corso», ma comprensibilmente preoccupati per le conseguenze di quella “azione vigliacca» con cui il loro ragazzo «avrà da convivere ogni giorno».

In attesa del parere del pm Andrea Zanoncelli sulle istanze di domiciliari avanzate dai due maggiorenni del branco, previsto a inizio settimana, e della successiva decisione al riguardo del Gip, i genitori della vittima del pestaggio rivivono le angosce “che da oltre un mese stiamo cercando tutti insieme di razionalizzare» attraverso le immagini della brutale aggressione subita dal «nostro ragazzo». «L’accanimento del branco sul corpo accasciato e le espressioni irridenti e sprezzanti nei confronti della vittima, con le quali i responsabili commentavano la loro impresa nella sala d’attesa del Commissariato, ci lasciano turbati e indignati – dicono – per la disumana indifferenza degli autori del misfatto e l’assoluta assenza di valori e senso morale».

«Siamo increduli che ancora ieri, dopo oltre un mese dall’aggressione, al cospetto del Gip, si siano affidati a banali e strumentali giustificazioni e frasi di circostanza, senza esprimere alcun sentimento di consapevolezza e resipiscenza sulla gravità e le conseguenze della azione compiuta», aggiungono i genitori assistiti dall’avvocato Gianluca Maris, che ringraziano «il Gip, il Pubblico Ministero e le forze dell’Ordine per la estrema diligenza, professionalità e tempestività» e si dicono «fiduciosi che l’operato della Giustizia faccia il suo corso anche nella tutela dei diritti della vittima e possa esercitare una efficace funzione dissuasiva».

L’auspicio della famiglia del giovane ragusano, che rischia danni permanenti per le ferite riportate nel pestaggio dello scorso 12 ottobre a Milano, nei pressi di corso Como, è che «questi ragazzi responsabili dell’aggressione, influenzati dalla diffusa cultura della violenza, possano avere l’opportunità di riflettere sulla insensatezza del male arrecato a un coetaneo che avrà da convivere ogni giorno con le conseguenze della loro azione vigliacca. A noi – concludono – resta il compito di pregare e sperare per la salute di nostro figlio».

Alessandro Chiani, che avrebbe sferrato le coltellate al 22enne bocconiano, rimasto invalido: «Giravo armato del coltello, perché sono stato aggredito in passato. Sono stati gli altri a cominciare»

Alessandro Chiani, 18 anni, interrogato oggi a San Vittore, è colui che, nel gruppo dei cinque aggressori, ha inferto materialmente le due coltellate che hanno causato lesioni permanenti allo studente universitario, che rischia di rimanere paraplegico. Il 22enne bocconiano è stato aggredito vicino a corso Como a Milano, pestato con violenza e poi accoltellato, tanto da subire lesioni permanenti. Venerdì mattina ha risposto alle domande della gip Chiara Valori nell’interrogatorio di garanzia a San Vittore. «L’interrogatorio è durato circa un’ora, il ragazzo è dispiaciutissimo» ha affermato l’avvocato Giovanni Giovanetti lasciando il carcere.

«Non c’ho visto più, non pensavo di averlo colpito così. Giravo armato del coltello, perché sono stato aggredito in passato». Sarebbe questa la versione resa, in sostanza, da Chiani. Da quanto si è appreso, lui e Atia si rimpallano le responsabilità con gli altri tre minori arrestati. «Sono intervenuto dopo nella zuffa e non c’ho visto più», ha detto, in sostanza, l’accoltellatore. Prima avrebbero agito, stando al suo racconto, i tre minori.

«Il ragazzo ha risposto, non voglio dire nient’altro. In questo momento è davvero preoccupatissimo e sconvolto per le condizioni del ferito, a cui manifesta ovviamente vicinanza, augurandogli il meglio e anch’io personalmente vorrei fare lo stesso per la famiglia perché mi sembra doveroso farlo assolutamente come genitore». Così Elena Patrucchi, legale di Ahmed Atia, l’altro dei due 18enni accusati di aver partecipato all’accoltellamento. Alla domanda se il giovane avesse chiesto carta e penna per scrivere alla famiglia della vittima, l’avvocata ha risposto: «Lo ha fatto. Scriverà una lettera. Senz’altro».

Il ragazzo ha ripetuto più volte che nessuno di loro «aveva compreso la gravità del fatto». La legale ha chiesto alla gip, dopo l’interrogatorio, un’attenuazione della misura cautelare, come gli arresti domiciliari. Istanza su cui dovrà decidere la giudice. Secondo la versione del 18enne, lui «era lontano dagli altri» ed era «assolutamente convinto che fosse solo una zuffa di poco conto». Quando ha saputo, invece, «dopo del tempo, che era stato usato il coltello», è rimasto «sconvolto».