di Redazione
La vincitrice della I Edizione del Premio di Laurea “Federica Padua”, Giovanna Campagnolo non ha potuto ritirare personalmente il Premio perchè all’estero. Ma di seguito riportiamo la lettera che ha fatto pervenire dal Portogallo.
“La mattina della mia partenza per il Portogallo il piccolo Pablo, di 5 mesi, si é svegliato con la testa incandescente e quasi 39 di febbre. Il viaggio ci ha portati da un check-in all’altro, da un aereo all’altro, abbiamo aspettato in aeroporto per piú di 6 ore… il tutto portando la sua testina calda tra le braccia. Dall’altra parte, il piccolo Leonardo, anche lui di 5 mesi, stanco del viaggio, reclamava l’abbraccio di mamma e papá, unica sicurezza in mezzo a tutto quel trambusto mai visto. Mamma e papá, cosí, si sono moltiplicati, spezzati, dati, perché i loro piccoli, ignari, non soffrissero i disagi di un viaggio complicato.
Gandhi chiamava ahimsa ció che fu tradotto con nonviolenza.
Egli affermava che la storia comunemente intesa non é che una registrazione delle interruzioni della costante azione dell’ahimsa. Ed utilizzava un esempio: “Due fratelli vengono a contesa; uno di essi si pente e risveglia l’amore che si era assopito in lui; i due ritornano a vivere in pace; nessuno prende nota di questo. Ma se i due ricorrono alle armi o alla legge, le loro azioni vengono immediatamente riportate dalla stampa, suscitano l’interesse dei vicini e probabilmente passano alla storia”. E continua: “Quanto avviene per le famiglie avviene anche per le comunitá e le nazioni. La forza dell’anima, o ahimsa, essendo naturale, non viene registrata dalla storia”.
Guardando i miei figli apprendo come l’uomo nasca con una fame vorace d’affetto, e come passi la vita a fare i conti con questo vuoto, genetico, e con la fame affettiva dei suoi prossimi, come nell’amare si realizzi pienamente. Nessun uomo é un’isola, scriveva Hemingway.
Per credere nella nonviolenza si deve partire da qui, dal sapere che la forza dell’uomo conosce armi alternative alla prepotenza. Anche perché, come affermava qualcuno, “bisogna essere politicamente idioti per dire che il potere é sulla canna del fucile quando é l’avversario che possiede tutti i fucili”.
Bisogna guardarsi intorno in maniera creativa, e vedere di cosa é capace l’uomo…
Riuscire a vedere quale segno siano, oggi, i genitori di Federica, che hanno trovato la forza di istituire questo premio, di creare qualcosa di nuovo che porti un nome tanto caro, di mettersi all’opera costruttivamente dopo un evento di distruzione assoluta…
Naturalmente la nonviolenza non va confusa con la sua pre-condizione: il mio lavoro ha indagato la nonviolenza, come metodo di azione anti-elitario per eccellenza, da un punto di vista teorico, storico, empirico, cercando di divulgare la dignitá scientifica del metodo nonviolento, nel tentativo di farlo uscire dall’arretratezza e dal sottosviluppo per trasformarlo da idealismo inapplicabile in scienza politica.
E pensare che io stessa non volevo scommettere su questo argomento per la mia tesi di laurea, timorosa di essere giudicata ingenua da un docente di Sociologia delle Relazioni Internazionali, timorosa di non trovare fonti né storie. E invece questo studio é stato una bellissima avventura, che mi ha portato a conoscere uomini e donne che oggi pagano con la vita o con la messa a rischio della propria tranquillitá l’opzione di vite nonviolente.
E oggi, 4 anni dopo, mi porta inaspettatamente a incrociare, seppur in maniera diacronica, lo sguardo felice di Federica”. 
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