di Redazione
Il Cavaliere, la morte e il diavolo è il titolo di un’incisione di Albrecht Dürer. Leonardo Sciascia ne trae ispirazione per un romanzo. E lo chiama Il cavaliere e la morte (Adelphi). Senza il diavolo. Che tolto dal titolo finisce dentro la storia, come lo spettro di un male che attanaglia la Sicilia e l’Italia tutta. Dentro la vicenda – un commissario di polizia che indaga sull’omicidio di un avvocato – lo scrittore siciliano racconta anche paure private che altrove aveva nascosto. Si legge del commissario e si vede in controluce l’autore: drogato di caffé forte, di passioni civili, di sigarette, di amore per le donne. E dolorosamente messo all’angolo da una brutta malattia.
“Quando non ho ispirazione, prendo in mano un libro a caso di Sciascia. E mi torna la voglia: si rimette a girare il cervello”, ha dichiarato Andrea Camilleri in un’intervista. I frutti del metodo si vedono: La vampa d’agosto (Sellerio) è solo un esempio. Mentre in Vi racconto Montalbano. Interviste (Datanews), lo scrittore snociola altri segreti della sua scrittura, e anche della sua terra.
Un tuffo nel passato con un altro siciliano: Elio Vittorini, che in Uomini e no (Mondadori) sposta l’attenzione a Milano, con la vicenda di un partigiano che vive la Resistenza nel 1944.
Poi ancora Sicilia e un po’ più indietro nel tempo con Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Il suo capolavoro, Il Gattopardo (Ediz. speciale, Feltrinelli) parte con Don Fabrizio, principe di Salina, che all’arrivo dei Garibaldini sente inevitabile il declino e la rovina della sua classe. Un libro – e un personaggio – che parla del passato raccontando una Sicilia che c’è ancora, fatta di un misto di rassegnazione e cinica realtà.
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