di Redazione
Sabbenerica a vossia, caro lettore. Questo mio inusuale saluto perché sono di ritorno da una terra meravigliosa, calda e accogliente come i suoi abitanti e molto… molto gustosa: la Sicilia.
La zona dove eravamo ospiti è la provincia di Ragusa, nello specifico la bellissima cittadina barocca di Scicli, resa ulteriormente famosa dallo sceneggiato di Montalbano, il commissario nato dalla penna di Andrea Camilleri.
Ho avuto occasione di ammirare paesi meravigliosi come Caltagirone, Piazza Armerina, Ragusa Ibla e Agrigento e di attraversare anche paesi che belli non sono; di sicuro l’incanto di un mare come quello di Cava d’Aliga difficilmente lo dimenticherò.
I nostri ospiti avevano saputo dalla loro figlia, la “golosastra” Sabina, che sono un appassionato del buon bere e del buon mangiare e che sono fiduciario di una Condotta Slow Food (l’associazione è molto conosciuta in tutta l’isola). I siciliani sono aperti e generosi, ma le due persone che ho trovato in questa vacanza rimarranno per sempre nel mio cuore: l’amico Bruno Scala e sua moglie Anna ci hanno fatto sentire da subito a casa, con una sostanziale differenza: a casa mia non mangio così tanto! Grazie a Bruno che mi ha fatto da Cicerone e ad Anna, cuoca provetta che mi ha insegnato mille ricette, posso entrare nel “merito enogastronomico” di questa vacanza. Partiamo dai vini: lo splendido Nero d’Avola e il Frappato, vitigni autoctoni della Sicilia invidiati da molte regioni, mi hanno validamente supportato nella digestione di pranzi e cene pantagruelici (vi ricordate il penultimo articolo?). Il vino prodotto per il mercato “interno” è più fresco e con meno gradazione e tannicità rispetto a quello imbottigliato per il mercato “continentale” e quindi, come si suol dire, scendeva giù meglio.
L’Inzolia, il Catarratto e il Grillo, altri vitigni autoctoni, mi hanno sempre rinfrescato nelle caldissime giornate e nelle punte di calore correva in mio soccorso l’ineguagliabile granita. Chi non ha assaggiato la granita siciliana non ha mai assaggiato la granita: questo è il mio pensiero; ottima quella al caffè per un fresco risveglio e meravigliosa quella alle mandorle tostate per uno spuntino pomeridiano con l’inseparabile brioche (completamente diversa dalle nostre).
Arriviamo al cibo tipico: le loro scacce (focacce), condite con melanzane o pomodoro e cipolla o ricotta e salsiccia, gli arancini con ripieno di prosciutto e formaggio o ragù e il pane cucciddatu (quello salato con salsiccia, non quello con i fichi che purtroppo non sono riuscito ad assaggiare) erano solo l’antipasto di primi sempre molto sostanziosi quali i ravioli di ricotta con sugo di maiale o pasta al forno (u pastizzu) con l’immancabile ricotta, prosciutto, melanzane e piselli.
Ma innarivabile è stata la cena a base di ricotta calda con il suo siero, fatta da poche ore in un caseificio del posto. Dopo aver assaggiato quella ricotta avrò serie difficoltà a riprendere in mano quei prodotti industiali che se non li sali o non li zuccheri non capisci se stai mangiando il formaggio o la confezione.
Avendo ricevuto in dono un libro di ricette, oltre che di proverbi siciliani, sono a vostra disposizione per fornirvi entrambi: fulviosantorelli@ivg.it. Permettetemi un’osservazione: esclusa la possibilità di fare un confronto serio fra i prezzi praticati dai ristoratori siciliani e i nostri, stante la differenza del costo della vita, giù ho trovato mille trattorie, locali tipici e ristoranti che proponevano i loro piatti tradizionali, con tanta gioia da parte dei turisti e non. Cerchiamo anche noi di tornare alla filosofia dei ristorantini che propongano quella che è la nostra cucina; sempre più turisti sono attenti e curiosi di conoscere anche questo lato dell’offerta turistica. Non cadiamo nella tentazione della “cotoletta alla milanese”, perché così ci mettiamo in un mercato dove abbiamo regioni ben più organizzate di noi.
Tutto in Liguria è tipico e “di nicchia”; torniamo ad attrarre un pubblico che apprezzi la nostra regione per le sue peculiarità: è un target di persone sensibile, attento e rispettoso e con qualche soldino da spendere che male non fa. Sarebbe magnifico poter ospitare il mio amico Bruno ed avere l’imbarazzo della scelta sulla trattoria dove fargli gustare i nostri piatti tipici (anche se lui già li conosce bene essendo stato molti anni nella nostra terra): fantastico per me, per Bruno e per i tanti turisti che girano il mondo alla ricerca del buono e del tradizionale.
Fulvio Santarelli
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