di Redazione

“Io Montalbano l’avrei fatto morire già al secondo libro, poi mi telefonò la signora Sellerio e lo salvò“. L’ultimo lavoro, o meglio, il “mensile”, come l’ha definito il tragediaturi di Girgenti, è “Il cielo rubato, dossier Renoir“, dove si racconta di una donna bellissima, di un notaio di Agrigento che forse nasconde un segreto e del misterioso viaggio a Girgenti del maestro dell’Impressionismo, Pierre-Auguste Renoir, un viaggio che nessuno storico dell’arte ha mai saputo collocare nel tempo. Da un frammento di cronaca riferito dal figlio Jean Renoir nella biografia sul padre, sembra che al papà ad Agrigento avessero rubato il portafoglio, che sia stato ospitato da un contadino cui aveva chiesto di fargli da guida, uno che s´offese quando alla fine gli fu offerto un compenso, tanto che la moglie risolse togliendosi una catenina con la Madonna e regalandogliela, il romanzo. La forma è quella dell’epistolario. Qui, a una sola voce. È un modo come altri per raccontare la Storia. E Camilleri, il narratore, la Storia sa romanzarla come nessun altro. Ospite della Dandini a Parla con me, in seconda serata su Rai Tre, Andrea Camilleri racconta del “mensile” su Renoir e allo stesso tempo si racconta. Il Maestro vive la sua condizione di romanziere da impiegato della scrittura. Si alza presto ogni mattino, si lava, si sbarba, si veste, caffè, sigaretta e subito al computer. E inizia a scrivere, con le scarpe. Sì, con le scarpe, perchè un romanzo, un saggio, un racconto, non si può scrivere in pantofole, “il lettore percepisce subito se un libro è stato scritto con le scarpe o in pantofole”. Non c’è lettore di qualsiasi gusto, nobile o viddrano, che dalla narrativa non si aspetti il peggio. Quale peggio? Le pantofole dei numeri primi, in solitudine, il peggio.
Socrathe
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