di Stellarossa

Non era in previsione l’uscita serale…non mi sono cambiata d’abito dopo il pomeriggio a zonzo per il litorale sciclitano: mi sarei dovuta fermare al primo bar utile per un caffè e mezza passeggiata, giusto per dare il tempo a degli ospiti noiosi di sgomberare il mio ambiente vitale, la sala da pranzo di casa mia.
Si va verso la piazza, si incontrano un paio di amiche che hanno occupato un tavolino al solito posto; ci si siede. Mi guardo attorno: lì, a venti centimetri di distanza qualcuno armeggia dietro un computer attorniato da gente letteralmente svaccata sulle sedie disposte ad hoc a semicerchio.
Non lo avevo mica capito: stasera karaoke!
No! No! E ancora no!! Io odio questa forma di divertimento fiorelliniano. Non l’ho mai retta, in nessun tempo. Ma la cameriera non arriva e si aspetta. Si alza il primo “cantante”, stonato ma coraggioso. Poi il secondo, la terza e, ad un tratto, compaiono un paio di personaggi davvero singolari: un agilissimo signore attempato e un ragazzo alto e magro come una stecca da biliardo.
Il primo viene annunciato come emulo del grande Vasco Rossi. La sua performance inizia in modo oserei dire spettacolare: “Ciao Donnalucata!!” e la gente applaude e rumoreggia allegramente.
Il tipo si inginocchia, volge la schiena al pubblico, si concentra; e quando il brano comincia, eccolo scatenarsi come un ragazzino. Usa il marciapiedi come palco: salta, piroetta, si crea corridoi tra la gente per andare a stringere mani, torna indietro e si butta a terra, si denuda il torso lanciando a terra il proprio gilet! Dietro alle sedie si affolla gente divertita e si creano un paio di gruppetti di fan che lo sostengono a gran voce. Non capisco se si tratti di una situazione improvvisata o meno, ma comincio a ridere e non posso fermarmi!
Siamo tutti là a guardare con tanto d’occhi e sorrisi incontenibili questo simpatico signore più o meno settantenne che si comporta come un rocker consumato! In fondo, non canta nemmeno male.
Poi è la volta dell’altro, lo spilungone. Preferisce Vecchioni lui. Ha una voce fortemente nasale e sembra estremamente concentrato sui suoi brani. Ogni tanto azzarda qualche mossa teatrale, ma mi accorgo che la gente lo ascolta per la gradevolezza del canto. E in tanti prendono coraggio.
Ci riprova il primo, quello che aveva stonato all’inizio; modulata la voce, ne viene fuori una bella esecuzione. È dunque la volta di una coppia, ancora qualche solista, indi tornano i nostri due eroi. E giù risate e cori, piroette e acuti, applausi scroscianti.
E chi si muove da qua? Il caffè l’ho mandato giù da un pezzo e gli ospiti saranno tornati a casa loro, ma il buon proposito di andare a letto presto per una volta è svanito nel nulla.
La serata canora viene chiusa da un terzo personaggio, un ragazzotto corpulento che lo speaker presenta in grande stile: “Ladies and gentleman: da Donnalucata city, ecco a voi…”. Arriva con un cappello nero e la carta igienica al collo: ricorda il grande Pavarotti nella stazza e nella solennità delle movenze. Il pubblico lo osanna quasi e lui sa ben recitare la parte. Si siede con disinvoltura, si lascia asciugare il sudore da una fan, imita le voci dei cantanti con buona precisione e infarcisce le canzoni con qualche dialettismo di grande effetto. Mi dicono che la sua presenza è attesissima durante questi appuntamenti bisettimanali.
Bisettimanali? Sì: giovedì si replica. E noi ci saremo, cadesse il mondo.
Con niente ci siamo divertiti da morire.
Donnalucata sembra aver ritrovato l’allegria che negli anni passati sembrava definitivamente perduta a dispetto di certi vuoti organizzativi e di imperdonabili ritardi.
Stellarossa
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