Cultura
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21/04/2020 21:54

I Bonincontro: un libro, una storia, la memoria ritrovata

Biagio Bonincontro, uno dei capostipiti, fu procuratore della Gran Corte di Palermo

di L'Autore

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I Bonincontro: un libro, una storia, la memoria ritrovata
I Bonincontro: un libro, una storia, la memoria ritrovata

Scicli – Dopo anni di lunghe ricerche e di grande lavoro ho il piacere di presentare il mio ultimo libro: I Bonincontro, storia di un’antica famiglia siciliana.
Sei anni fa, m’interessavo d’Inquisizione, mi trovavo all’Archivio Storico Nazionale di Madrid.
Scorrendo alcuni “file” nel “data base” dell’Archivio, improvvisamente un cognome catturò la mia attenzione: Bonincontro.
Esaminavo a quel tempo i numerosi processi celebrati in Sicilia.
Aprii il file per una rapida consultazione e da quel momento cominciò per me una lunga avventura.
Richiesi subito i faldoni. Contenevano due volumi, molto pesanti e di tante pagine tutte scritte nel latino e nel siciliano del Cinquecento, rilegati in pergamena.
M’immersi lentamente nella loro lettura. La sala delle consultazioni dell’Archivio era gremita di studiosi e di ricercatori provenienti da tutto il mondo. Nonostante la grande affluenza, regnava in essa un silenzio strano che aiutava a concentrarmi sulle carte che sfogliavo con curiosa avidità.
Ottenni la riproduzione dei due grossi volumi. Portai in Sicilia le copie e da quel momento cominciai a studiare tutti i documenti. Una prima, una seconda lettura e poi una terza e una quarta e, infine, la trascrizione degli atti più importanti.
Chi furono i Bonincontro?
Il cognome inevitabilmente mi rimandava al nostro benefattore Pietro Di Lorenzo detto Busacca.
Le cronache ci hanno raccontato che Pietro era un parente stretto dei Bonincontro.
La famiglia, infatti, era originaria di Scicli. Fu una delle famiglie più importanti nella Palermo del Cinquecento. Su di essa poco è stato scritto e spesso ciò che è stato scritto è impreciso.
Il suo rapporto con Scicli fu ombelicale, intenso, struggente.

Biagio Bonincontro, uno dei capostipiti, fu procuratore della Gran Corte di Palermo. Il figlio, Giovanni Guglielmo, fu un grande avvocato, giudice della Gran Corte, sottoposto a uno dei processi più incredibili e feroci imbastiti dal “Santo Oficio” in Sicilia.
Ne seguì una lunga battaglia ingaggiata in prima persona da Giovanni Guglielmo Bonincontro e poi, dopo la sua morte, dalla moglie e dagli eredi, contro l’Inquisizione. Una lotta che frantumò e disperse l’immenso patrimonio familiare ma che sottolineò, anche se per una simbolica vittoria, lo spirito indomito e combattivo dei siciliani.
Ciò che è rimasto di questa lotta senza esclusione di colpi è il “Processo di appello”, il documento da me studiato, ricchissimo di particolari, testimonianza unica e incontrovertibile.
Il mio libro vuole fare giustizia a Giovanni Guglielmo Bonincontro, il martire e l’eroe, l’uomo intelligente e il dotto, il mito purtroppo colpito da una strana e ingiustificata “damnatio memoriae”, a chi seppe piegare con la forza sola della virtù e della ragione uno scellerato sistema di potere.
Gli atti del processo ci permettono di ricostruire tutta la storia della famiglia, osservata impietosamente e crudelmente nella sua quotidianità, ci consentono di sbirciare le abitudini, i costumi.
Scicli appare sullo sfondo, in questa storia, come un orizzonte lontano verso il quale tutti i protagonisti tendono, illuminato dalla beatificazione del santo, Guglielmo Cuffitella, in onore del quale Giovanni Guglielmo portava il nome.
Se da una parte il “Processo” è stato foriero di grandi dispiaceri e di grandi amarezze per i Bonincontro, oggi dobbiamo proprio a queste sue carte il merito di poter consegnare alla Storia, a distanza di cinquecento anni, la memoria ritrovata per una valutazione vera e sincera dei fatti.
Era forse destino che uno sciclitano facesse questo. Umilmente ma con la determinazione e la serietà che da sempre contraddistinguono la mia vita e i miei studi.
Fu questo desiderio struggente a suggerirmi il progetto di far rivivere in un libro, attraverso il ricordo, figure che indiscutibilmente appartengono oggi più che mai alla Nostra storia locale, ma assurgono a emblema della storia della Sicilia intera.
Spero che la Città di Scicli faccia tesoro di tale importantissima ricerca e la apprezzi.