Scoperta la molecola in grado di frenare il binge eating, il disturbo da alimentazione incontrollata, rappresentato da un incontrollabile bisogno di cibo.
di Redazione
Un farmaco per scongiurare le abbuffate di patatine, dolci e cibi super calorici potrebbe essere presto disponibile. Per molti, rifugiarsi nel cibo è un modo per sfuggire alle emozioni negative e per gratificarsi attraverso i piaceri della vita. E molti alimenti aiutano, soprattutto quelli ricchi di zuccheri, poiché sono una fonte di energia immediatamente disponibile per l’organismo e allo stesso tempo stimolano la trasmissione di dopamina nel cervello, il neurotrasmettitore associato alla motivazione e al senso di gratificazione. Se si prolunga nel tempo, però, questo comportamento assume le caratteristiche di un vero e proprio disturbo alimentare: il binge eating. In Italia è affetto da binge eating disorder il 3,5% delle donne e il 2% degli uomini. All’orizzonte una nuova molecola testata dai farmacologi della Società Italiana di Farmacologia potrebbe essere presto disponibile per scongiurare le abbuffate di patatine, dolci e cibi super calorici Non si parla di un nuovo rimedio per dimagrire o mantenere il peso forma, ma di un possibile trattamento farmacologico per il disturbo da alimentazione incontrollata, in inglese binge eating disorder, caratterizzato da episodi ricorrenti di mangiate fuori controllo, simili a quelle della bulimia.
Disturbo da alimentazione incontrollata: come si cura oggi?
In Italia si tratta di una patologia alimentare abbastanza comune. Ne soffre il 3,5% delle donne e il 2% degli uomini e sia nel nostro Paese che in Europa non esistono farmaci approvati per il suo trattamento. Attualmente, i trattamenti più significativi per questo disturbo prevedono una combinazione di psicoterapia e farmacoterapia. Quest’ultima generalmente basata su farmaci antidepressivi. Tuttavia, il tasso di ricaduta è ancora molto e troppo elevato.
Binge eating disorder: un nuovo farmaco
La novità è che adesso una molecola – chiamata oleoiletanolamide – potrebbe aiutare le persone che soffrono di binge eating disorder e diventare il primo farmaco specifico per il suo trattamento. Se ne parla al 40° Congresso Nazionale della della Società italiana di farmacologia, dove gli esperti hanno presentato un articolo pubblicaro su Neuropsycopharmacology Springer Nature Journal. «L’oleoiletanolamide è un lipide prodotto dal nostro intestino dopo un pasto», spiega Silvana Gaetani, professoressa di di Farmacologia all’Università Sapienza di Roma e parte del gruppo di Lavoro «Obesità, Sindrome Metabolica e Disordini Alimentari» della Sif. «Questa sostanza segnala al nostro cervello una condizione di sazietà. In questo modo limita il consumo eccessivo di cibo e stimola il nostro metabolismo a bruciare i grassi».
Perché alcuni cibi creano dipendenza
Un potenziale farmaco a base di oleoiletanolamide potrebbe quindi mettere un freno alle abbuffate incontrollate di cibi che creano dipendenza. «Molti alimenti, soprattutto quelli ricchi di zuccheri – continua infatti l’esperta – costituiscono una fonte di energia immediatamente disponibile per l’organismo e allo stesso tempo stimolano il rilascio di dopamina nel cervello». La dopamina è un neurotrasmettitore che viene rilasciato dall’organismo quando mangiamo, facciamo sesso, shopping oppure quando assumiamo stupefacenti come ecstasy e cocaina. Perciò viene definita la “molecola del piacere”. E per molti il cibo può rappresentare proprio questo: sfuggire alle emozioni negative e gratificarsi con un comportamento che rilascia dopamina. E che, alla fine, diventa una dipendenza incontrollabile.
Quando l’abbuffata diventa un disturbo
L’abbuffata, infatti, diventa un disturbo quando non è più finalizzata a colmare un senso di fame o a vivere un momento di socialità, ma diventa compulsiva e ripetitiva. A differenza della bulimia, che pure è caratterizzata da mangiate non controllate, il binge eating disorder «non è seguito da atti compensatori o di eliminazione. Ad esempio l’induzione del vomito o l’auto-somministrazione di lassativi. Per affrontare il binge eating oggi esistono trattamenti basati su una combinazione di psicoterapia e farmacoterapia a base di antidepressivi. Tuttavia, il tasso di ricaduta è ancora molto elevato, il che significa che è necessario trovare strategie più efficaci.
Con la ricerca sull’oleoiletanolamide si auspica di prevenire e contrastare il binge eating disorder modulando le funzioni di specifiche aree del cervello attivate dallo stress o da stimoli gratificanti.
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