La lettera di alcuni studenti
di Lettera firmata


Modica – Percorrendo la strada che da Modica porta nella località marittima di Marina di Modica, ieri notte, si poteva incontrare un fiume di migranti. Li abbiamo visti nel ciglio della strada e nel mezzo di una rotatoria.
Erano infreddoliti, stravolti; i loro volti, nella notte scura bagnata dalla pioggia, sembravano chiedere aiuto. Erano spaesati. Camminando ancora siamo giunti fino ad uno dei posti più caratteristici della costa modicana. In estate ci sono i turisti che tra gli scogli si rilassano e prendono il sole e invece davanti a noi c’era un’immagine diversa. Un peschereccio lungo una ventina di metri stracolmo di migranti.
A riva la polizia, i soccorsi, i vigili del fuoco. Siamo rimasti lì, continuando a vedere una scena che conoscevamo ma solo in lontananza, alla tv. Siamo rimasti impressionati dalle tante donne che di solito non si vedono nelle immagini dei telegiornali, ma soprattutto restiamo stupiti da tutti quei bambini e da tuti quei fagotti che contenevano neonati.
Bambini impauriti, rannicchiati dal freddo e neonati coperti da teli, stretti al grembo dalle loro madri. Loro, i bambini, sono stati i primi ad essere soccorsi. Si, era proprio un’operazione umanitaria.
A Punta Regilione, di fronte alle villette della villeggiatura modicana, abbiamo incrociato pure gli occhi di chi era già sceso, anche rocambolescamente, dal peschereccio e si era diretto a riva.
Erano giovani, la tristezza di chi è scappato dalla propria terra negli occhi, e i volti stravolti dal freddo e dall’acqua. Abbiamo parlato con loro, usando il nostro precario inglese mentre loro lo usavano magnificamente, e vi assicuriamo che sentendoli non viene proprio di dire “mandiamoli tutti a casa”.
Foto Beatrice Scudo
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