Rose rose per te
di Carmelo Chiaramonte

E’ il fiore di tutti se non di molti. Per lei si sono scomodati scrittori, filosofi, pittori, scultori. Persino un movimento politico la racchiuse nel logo del partito. Promessi sposi e coppie sature di quotidiano convivere qualche volte se la scambiano come segno d’amore.
La gialla porta con se il messaggio di gelosia, la rossa passione ardente, la bianca purezza. La comunità cristiana l’accosta a Maria. I Greci ed i Romani ne intravedevano l’impersonificazione di Venere. Questi ultimi, proprio a maggio, inventarono un modo per correggere gli odori sgradevoli del vino “preso” di caldo dalla primavera, realizzando collane di boccioli da immergere nel vino; da qui la prima espressione di vino rosato.
Re Mida non poteva rinunciare al profumo di migliaia di fiori, nei suoi giardini bulgari. Gli alchimisti, certe streghe, i maghi bianchi ne hanno sempre decantato il potere magico. Poi è arrivato Massimo Ranieri col suo tormentone “Rose rosse per te…”.
Ma la rosa è anche la Regina di certe pietanze storiche e moderne, entra in cucina in modo egregio ed elegante. Se molti credono che sia solo arredo da salotto o profumo da bagno e saponetta, si possono ricredere. Si parte da una prelibatezza dei Monsù palermitani dell’ottocento, un grappolo di uva bionda passita di Pantelleria, ricolmo di liquore di rose rosse, acino per acino. La parola stessa rosolio dice molto.
I ricettari di mezza Italia, dal Medioevo in poi, la usavano molto, specie nelle pietanze di volatili, come il cappone cotto con il latte di mandorle e le rose. Il cinema ci racconta la trama del romanzo messicano di Laura Esquivel, Como agua para chocolate , e dalla pellicola traboccano i profumi di un piatto romantico quanto afrodisiaco e spettacolare, le Quaglie coi petali di rose.
Vediamo la ricetta. Si rosolano nel burro di panna gli uccelli, divisi a metà. Si accomodano con un’ombra di aglio, qualche castagna secca, due semi di anice, un centimetro di baccello di vaniglia e tanti rossi petali di rosa. Leggiamolo questo bel libro, nel mondo ne sono state vendute più di 5 milioni di copie: Dolce come il cioccolato, per i tipi di Garzanti.
Non sono tante quelle rose che si possono usare in cucina. Devono profumare molto, fino ad ubriacare i sensi, e bisogna essere sicuri che siano fiori non trattati con tossici antiparassitari. Le varietà, tra moderne ed antiche, sono circa 800. Quelle odorose non superano i 100 esemplari. Le più famose per l’uso alimentare sono la gallica, la centifolia e la muscata del Marocco. Il vivaista ci può aiutare ad avere un vaso di queste rarità da giardino… e da cucina. Io le userei, in questo mese splendido, dappertutto. Mi piacciono con un ciuffo di ricotta fresca, due petali crudi e una spolverata di cannella. Le accosto agli scampi crudi o nelle insalate di fragole. Se sono fortunato e trovo qualche piccione da cortile ne faccio un arrosto forte e seducente.
Negli ultimi anni ho assistito alla rinascita di questo fiore in cucina come in pasticceria, specie in Sicilia. Il mio amico Ciccio Sultano ne propone una zuppa indimenticabile, a Ragusa. Il maestro pasticcere Salvatore Di Lorenzo non ha rinunciato al piacere di metterne l’essenza nel cioccolato di Modica. Più in là, verso gli Iblei netini, per chi ha la fortuna di poterla incontrare, vi è un nuovo personaggio che coltiva rose aromatiche, tra Vendicari e Noto, la romagnola Laura Mazzolini. Le sue confetture e lo sciroppo di rose sono un toccasana per l’anima e per il palato. Chi volesse incontrarla ed assaggiare le sue rarità, vada a Noto al Festival di Notte in Fiore, dal 18 al 22 di questo mese: una passeggiata fa sempre bene, per il gusto di questa primavera rosea, rosa dal bel sole maggese
La Sicilia
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