Cronaca
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27/01/2022 10:01

Strage di Licata, una guerra durata anni, per l’eredità

Il folle gesto di Angelo Tardino

di Redazione

Strage di Licata, una guerra durata anni, per l'eredità
Strage di Licata, una guerra durata anni, per l'eredità

Licata – Un campo di carciofi. Uccidere per un campo di carciofi. E per centinaia e centinaia di ettari di terreno dove oltre ai carciofi vengono coltivati primaticci in serra come zucchine e pomodori. Angelo Tardino, 48 anni, ieri mattina si presentato nella casa di campagna del fratello Diego, 44 anni, armato di tre pistole, due rivoltelle e una calibro 9.

La tragedia si è consumata in pochi secondi nell’abitazione di contrada Safarello, aperta campagna di Licata, a pochi passi da quei terreni contesi. Sull’uscio di casa, Angelo Tardino, utilizzando la Beretta cal. 9, ha ucciso il fratello minore. Poi avrebbe cercato, stanza per stanza, tutti gli altri componenti della famiglia. Con la stessa pistola ha freddato la cognata, Alessandra Ballacchino, 30 anni, e con un’altra rivoltella ha ucciso i due nipoti, Alessia di 15 anni e Vincenzo di 11.

Consumato il folle gesto l’assassino è risalito in macchina ha percorso circa due chilometri e si è fermato sotto un cavalcavia telefonando alla moglie: «li ho uccisi tutti…». E’ stata la donna ad avvisare i carabinieri che dopo essersi precipitati sul luogo dell’eccidio si sono messi immediatamente alla caccia dell’omicida. Il fuggitivo è stato raggiunto telefonicamente dai militari dell’Arma che hanno, provato a convincerlo a costituirsi. L’uomo, in un primo momento era sembrato propenso a presentarsi in caserma, poi però – mentre era ancora al cellulare con i militari – si è sparato alla tempia. Quando l’auto dell’agricoltore è stata ritrovata, e sono giunti i sanitari del 118, Angelo Tardino era agonizzante ma respirava ancora. E’ stato chiesto l’intervento dell’elisoccorso, i sanitari hanno intubato il ferito, che era già in coma, e lo hanno trasportato all’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta. Ma i medici hanno spiegato che non c’era nulla da fare.» Il paziente non è operabile, le lesioni riportate sono gravissime e incompatibili con la vita» ha detto il primario del reparto di Rianimazione Giancarlo Foresta. Poco dopo, Tardino è spirato.

I carabinieri di Licata – coordinati dal capitano Augusto Petrocchi, dal procuratore capo Luigi Patronaggio e dal sostituto Paola Vetro – hanno cercato di ricostruire i motivi che hanno determinato la tragedia, interrogando diversi familiari. Per investigatori e inquirenti, il fatto che Tardino si sia recato a casa del fratello con tre pistole non lascia dubbi sulla premeditazione.