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27/10/2022 22:21

Fabaria, la via dell’acqua e della lava attraverserà Ragusa e Modica

L’estremo lembo dell’antica Via Francigena passa per il territorio ibleo

di Giuseppe Gaetano

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Fabaria, la via dell’acqua e della lava attraverserà Ragusa e Modica
Fabaria, la via dell’acqua e della lava attraverserà Ragusa e Modica

 Ragusa – Cresce la Sicilia dei cammini, con un percorso di bellezza tra storia e natura: è la Fabaria, la via dell’acqua e della lava che attraversa 5 province – nell’ordine Agrigento, Caltanissetta, Ragusa, Siracusa e Catania – e 20 comun siciliani. La strada sarà ufficialmente aperta al grande pubblico nel 2023 e collega l’antica Girgenti con Catania e l’alta valle del Simeto. Un tragitto tra sentieri e trazzere che integrano anche la mobilità dolce del treno, qualora ci fossero difficoltà a piedi. Dai castelli di Naro e Ravanusa, i viandanti arrivano alle nissene Butera e Niscemi; qui parte l’affascinante la variante verso i Monti Iblei e le città barocche di Ragusa Ibla e Modica. Altrimenti si va dritti su’ dritti per Caltagirone, seguendo il versante ovest dell’Etna.

La Fabaria ha origini antichissime, che risalgono al 1105. La Sicilia era da una ventina d’anni normanna e nell’odierna Vizzini (Bizini), il barone Achinus concesse un terreno in dono all’abate Ambrogio. Nel testo del lascito, emerse una testimonianza della celebre Via Francigena: “Questa terra appartiene nominalmente a Licodia e in questo modo inizia il suo percorso e va lungo la via francigena Fabaria. Dopodiché, prosegue per una cresta montuosa tagliata da un fico selvatico”. Il cammino verso Oriente unisce strade di epoche diverse: dalla via selinuntina del III secolo d.C., alla via normanna che collegava la costa dell’interno fino al territorio aretuseo. Il recupero di questo cammino si deve all’associazione Amici dei Cammini Francigeni di Sicilia, con la pubblicazione di una guida per Terre di Mezzo editore.

“Quando l’abbiamo percorsa per la prima volta l’abbiamo denominata ‘la bellezza violata’ – dice Irene Marraffa, tra i creatori del percorso – per sottolineare come il suo incredibile splendore sia stato abusato da opere umane invasive, come il polo petrolchimico di Gela, il Muos di Niscemi, la base aerea di Sigonella. Oltre ai danni dell’alluvione di Licata, e la presenza di discariche in prossimità della piana di Lentini. Una parte fondamentale di questo lavoro nasce dalla consapevolezza degli abitanti, che si sono organizzati anche in comitati di accoglienza per supportare il Cammino: verificano i tracciati, ci aiutano con le ricognizioni, organizzano eventi per far conoscere l’itinerario. Sono loro il motore della rinascita”.