Era il padre di Serafino Amabile
di Saro Distefano

Chiaramonte Gulfi – Moriva centoquaranta anni fa Gaetano Guastella y Schiuvellier, Barone del Grillo. Era nato nel 1797 a Chiaramonte Gulfi. Destino curioso il suo: uomo di grande cultura, patriota acceso, carbonaro già a venti anni, sperimentatore di nuove colture nelle sue terre di Gulfi, ma ricordato solo per essere il padre del ben più famoso Serafino Amabile Guastella, il poeta, il ricercatore, l’etno-antropologo autore di celebri opere fondamentali per lo studio delle antiche tradizioni iblee.
Gaetano Guastella, Barone del Grillo (la definizione completa era Guastella y Schiuvellier Barone per l’Estirpazione del Grillo, titolo avuto dal padre intorno al 1759, quando alcuni volenterosi al tempo delle invasioni delle cavallette, sotto Re Carlo III di Borbone erano stati insigniti di titoli immaginari e festosi, secondo la loro opera prestata gratuitamente a favore dell’intera collettività) era, come dicevamo, una assoluta autorità in tutto l’allora Circondario di Modica, e certamente la massima espressione civile e politica di Chiaramonte Gulfi. Criticato dal famoso figlio per essere un “inflessibile idealista”, il Barone Guastella era il prototipo dell’aristocratico di provincia, infarcito di ideali illuministi che però lui riusciva a tradurre in pratica. Tra le altre – tante – iniziative (in tal senso è utile la lettura del saggio del dottor Giorgio Brafa Misicoro relativo alla famiglia dei nobili chiaramontani) il Guastella ricostituì nel 1822 la “Accademia Gulfiense”, sodalizio finalizzato alla promozione culturale anche dei propri iscritti – e si intendono i maggiorenti del paese – ma anche, per quanto possibile, dei ceti meno abbienti.
Ma l’episodio più importante nella vita del barone chiaramontano (e che influenzò, diremmo “a cascata”, anche il figlio) è quello legato alla epidemia di colera del 1837, partita verosimilmente da Siracusa e poi diffusasi in tutta l’Isola. In quella occasione anche a Chiaramonte ci furono scontri durissimi, tra le forze dell’ordine borboniche ed il popolo, convinto che il morbo fosse stato artatamente diffuso, probabilmente tramite l’acqua dei pozzi, proprio dalle autorità costituite e dal clero. Da quel momento, nonostante l’intervento del Re Ferdinando II (con la spedizione del celebre marchese Francesco Del Carretto), la popolazione si ribellò dando la caccia alle autorità civili. Non fece eccezione Chiaramonte, dove il sindaco preferì scappare. Il Barone Guastella prese quindi spontaneamente l’iniziativa, organizzando un gruppo armato per mantenere l’ordine cittadino e poi, per convincere la cittadinanza dell’assurdità delle accuse ai vertici amministrativi e al clero, ideò un escamotage che risultò convincente: invitò il parroco e i canonici a bere l’acqua del pozzo indicato come fonte dell’epidemia.
Nonostante questa sua attività, il sindaco, tornato in sede dopo l’intervento del Guastella, mostrò ai militari borbonici una lettera con la quale il Barone incitava alla rivolta antiborbonica. Per questo motivo, il padre del grande Serafino fece tre mesi di carcere a Siracusa, dal settembre al dicembre 1837, quando l’epidemia di colera mollò la presa sulla Sicilia.
Solo a quel punto una semplicissima verifica calligrafica dimostrò la totale innocenza del Barone Gaetano, che tornò trionfante nella sua Chiaramonte. Deluso e comprensibilmente amareggiato, da quel momento si dedicò esclusivamente alla educazione dei cinque figli (il famoso Serafino e quattro femmine che moriranno tutte giovanissime) e alla cura delle sue proprietà. Tornò ad infiammarsi, il Barone del Grillo, ventitre anni dopo, quando il figlio ed altri giovani illuminati prepararono il terreno per la rivolta dei siciliani e lo sbarco dei Mille. Ma era nel destino del patrizio montano la disillusione, e difronte a quel fenomeno che gli storici successivi chiameranno “trasformismo”, anche in quella occasione Gaetano Guastella, proposto quale Presidente del Consiglio comunale della sua città, preferì ritirarsi in campagna.
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