Cultura
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01/03/2012 18:16

La guerra tra Monterosso e Giarratana, ai tempi del colera

Correva l'anno 1837

di Saro Distefano

L'amore ai tempi del colera
L'amore ai tempi del colera

Ragusa – A pensarci bene, sono ormai diluiti, se non del tutto scomparsi, certi antichi campanilismi che contrapponevano le città dell’antica Contea di Modica. Se un tempo comisani e ragusani si affrontavano sui tornanti per baciare oppure no “la nanna” (ricordate la storia della vessazione inflitta ai ragusani che poi si ribellarono con un loro eroe?), e se modicani e sciclitani si offendevano reciprocamente a colpi di epiteti e di sconci riferimenti delle rispettive donne e ai loro non sempre irreprensibili costumi, oggi parrebbe tutto appianato, annegato nel mare magun di una globalizzazione che ha fatto scomparire le differenze non tra vittoriesi e biscarari, ma financo tra italiani e coreani.

Eppure, nell’ambito di questo un tempo accesissimo campanilismo ibleo, mai ho sentito di sfide e contrasti tra abitanti di Monterosso Almo e di Giarratana, viciniori paesi montani già prossimi a Monte Lauro.

Almeno, io non ne ho mai avuto notizia. E dire che i motivi per avere in odio i giarratanesi, gli abitanti di Monterosso li avrebbero, eccome. Anche recenti, e gravi.

I fatti risalgono infatti al 1837, in occasione della terribile epidemia di colera che dimezzò la popolazione siciliana dell’epoca, con punte altissime di mortalità nel catanese, nel siracusano e nel ragusano (meglio sarebbe dire nel modicano, per fare contenti i nostalgici della Contea che tra l’altro, a quell’epoca, non esisteva già più). Furono mesi durante i quali la popolazione, stremata dal contagio che portava via giovani e vecchi, ricchi e poveri, si ribellò. Non ovunque, e non sempre nella stessa maniera (i disordini maggiori furono a Siracusa). In quella che è oggi la Provincia di Ragusa intervenne, per sedare gli animi, personalmente il celeberrimo Francesco Saverio Del Carretto, nominato dal Re alto commissario corso in Sicilia a capo di una flotta e di una armata per bloccare i moti popolari.

In quei giorni di confusione, di ribellione e repressione, un episodio si distingue. Il 15 luglio il popolo di Monterosso, capeggiato da Giovanni Fatuzzo, occupa la Piazza Sant’Antonio dando fuoco a cataste di legna e minacciando di occupare la casa del Sindaco, Salvatore Noto, che è costretto a fuggire lasciando moglie e figli ostaggi dei rivoltosi. Il 23 luglio la folla assalta la casa del notaio Sardo e i magazzini delle importanti famiglie Curato e Stessa, pieni di grano che viene distribuito tra i poveri. I pochi ricchi e potenti rimasti in paese organizzano una guardia “civica” che elimina uno dei capi della rivolta, Giovanni Noto Toledo.

Ma la repressione non si ferma, anzi. E il Governo vuole dare una lezione a Monterosso, che sia da lezione a tutti i comuni dove s’era accesa la ribellione, la rivolta. Uno degli aiutanti di Del Carretto, il generale Catena, arriva a Giarratana la sera del 24 agosto a capo di 500 soldati svizzeri. Si accampa sul sagrato della Chiesa Matrice e incontra Natalizio Milito, il capo della Guardia Urbana giarratanese, che garantisce il supporto di cento giarratanesi affiancati agli svizzeri. All’alba del giorno dopo Monterosso è sotto assedio degli svizzeri e dei militi di Giarratana, armati fino a denti e pronti all’assalto. Ma ecco la sorpresa: i monterossani, saggiamente, preferiscono rinunciare alla scontro e chiedono di patteggiare la resa. Il generale Catena si rende subito conto che la rivolta di Monterosso non ha spinte politiche, ma è stata provocata dagli abusi dei maggiorenti. La repressione non si effettua, anzi, si trova subito la conciliazione tra svizzeri e ribelli paesani. Vengono liberati i ribelli imprigionati, gli amministratori intimati a governare meglio il paese (soprattutto l’igiene e la distribuzione del cibo) ma, per sicurezza, alcuni soldati svizzeri vengono lasciati a Monterosso per garantire l’ordine pubblico. Per fortuna questo episodio sembra essere stato dimenticato, o forse mai considerato, ed oggi i residenti nei due prossimi paesi montani vivono sereni e senza alcun contrasto reciproco.

 

 

Nella foto, L’amore ai tempi del colera