di Redazione


Un cadavere in centro storico. Nulla di fatto, dopo quattro anni, tra il Comune di Scicli e l’erede proprietario dell’immobile di Padre Gabriele Rio, in corso Mazzini.
Due mesi fa la chiusura del corso su cui il palazzo si affaccia a causa del rischio di crolli di un cornicione.
Il Comune aveva dato incarico a un avvocato sciclitano, profondo conoscitore della vicenda giuridica del complesso testamento lasciato dal religioso, per addivenire a un accordo.
A quattro anni dal battage scatenato da alcuni consiglieri del centrodestra, che avevano preso a cuore la vicenda, non è stato raggiunto ancora alcun accordo tra il Comune e l’erede, che, a quanto è dato sapere, vorrebbe vendere il pianterreno a un importante istituto di credito, mentre il resto del palazzo dovrebbe andare in comodato d’uso gratuito all’ente pubblico, che dovrebbe destinarlo alla cura e all’assistenza dell’infanzia abbandonata.
Purtroppo, da quando Padre Gabriele Rio è mancato, la società è cambiata, e il suo sogno di orfanotrofio in quei locali è diventato in qualche modo irrealizzabile.
Val la pena di ricordare che oggi i servizi sociali in città hanno problemi inediti: l’integrazione tra bambini disagiati di Scicli e altri sciclitani, per non dire di quel mare magnum degli extracomunitari, con fenomeni di razzismo di ritorno, per cui i bambini albanesi rifuggono dagli altri bambini albanesi; questi ultimi non vogliono interloquire con tunisini e marocchini.
Non c’è dubbio quindi che occorre una progettualità complessa e articolata, che passi prima attraverso la disponibilità dell’immobile, quindi la sua ristrutturazione e infine la rifunzionalizzazione.
Venendo incontro alle volontà del testatore, ma aggiornandole al sentire odierno, in materia di servizi, e soprattutto, politiche sociali.
Di questo l’agenda politica dovrebbe occuparsi, a meno che non si voglia riconoscere che giunta e consiglio anche in questo caso hanno bruciato l’intera legislatura senza venire a capo della querelle giuridico-legale.
Intanto, per chi ha avuto la ventura di entrare dentro l’immobile, è un’esperienza emozionante verificare come molte cose, letti, materassi, e perfino attrezzi da lavori, come una pialla, e gli attrezzi da lavoro di un’intera falegnameria anni Settanta siano rimasti tutti al loro posto. Come venti o trenta anni fa.
Quasi che Padre Gabriele, con i suoi orfanelli, dovessero fare la loro comparsa da un momento all’altro.
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