Dov’è la politica?
di Piero Torchi


Modica – Era il lontano 1630 quando la contessa di Modica, Vittoria Colonna Cabrera decise di fondare, nell’allora capitale della Contea, il “Real Collegio Sant’Ignazio“, trasformandolo ben presto in uno dei presidi scolastici e formativi di maggiore qualità e livello di Sicilia, allocandolo all’ingresso della città, nella parte alta di quello che sarebbe diventato oltre tre secoli dopo il Corso Umberto, ovvero il cuore pulsante del centro storico cittadino.
Passarono 248 anni prima che, nel 1878, lo stesso stabile ospitasse il primo Liceo di Modica e della provincia di Ragusa. Si trattava del “Regio Ginnasio Liceo”, il progenitore del moderno Liceo “Campailla”, onore e vanto per 150 anni della città di Modica e presidio culturale di assoluto livello. Lo stesso Liceo dal quale, negli anni seguenti, nacquero per germinazione, il Liceo Classico di Scicli, il Liceo Scientifico di Modica ( che ironia della sorte lo ha oggi fagocitato nella riedizione di quella che sembra essere la riedizione della trama di una tragedia greca) e, in tempi più recenti, il Liceo Artistico.
484 anni di storia spazzati via da un colpo di penna, sintomo della mancanza di cultura e memoria di quanti hanno avuto parte attiva in quello che sarà ricordato uno dei più gravi delitti consumati nei confronti della storia e della cultura modicana. Tutti colpevoli e senza appello: il governo regionale che ha voluto l’accorpamento, il dirigente scolastico regionale che lo ha firmato, la deputazione regionale che non ha saputo spiegare ciò che veniva tolto alla città, le amministrazioni comunali che non si sono opposte allo scippo. Tutti senza che nessuno possa accampare alcuna giustificazione. Anzi, con l’aggravante di aver diffuso, a turno, comunicati nei quali si tranquillizzava la città e l’opinione pubblica, si stigmatizzava chi lanciava alto il grido di allarme, si annunciavano revoche e modifiche di decreti mai arrivate.
Adesso che il delitto è consumato, nessuna protesta ufficiale da parte dell’Amministrazione, nessuna manifestazione, nessun appello degli intellettuali; quasi come se si trattasse di una sentenza ineluttabile o di una disgrazia imprevedibile.
Eppure questa è la città che in questi giorni si interroga sugli alberi da potare, sui bagni pubblici da inaugurare, sulle aree da scerbare e, persino, sui soldi spesi per contribuire a una singola manifestazione. Per il “Campailla” nulla; come se non interessasse a nessuno, o come se non si trattasse di un pezzo vero della impareggiabile storia di Modica. Senza voler arrivare al paradosso che con la “cultura non si mangia”, tipico delle menti ottuse, e fra l’altro recentemente smentito dal vicino Comune di Scicli e dagli stratosferici incassi derivanti dalla reale fruizione del proprio patrimonio artistico, si percepisce tutta la profonda indifferenza di una città che sembra anestetizzata: dai propri vertici a chi dovrebbe queste storie raccontarle sui giornali , fino ai tanti intellettuali, molti veri, altri presunti tali, pronti a puntare il dito su tutto e tutti, ma incapaci di guidare la rivoluzione civile contro la spoliazione dell’anima profonda di questa città.
La storia del “Campailla”, la storia dei suoi docenti, dei suoi alunni, anche del più umile dei suoi bidelli, merita un Sindaco ed un’Amministrazione che, come in passato, vadano a a Palermo a sbattere i pugni sui tavoli del Presidente della Regione e del suo Assessore all’Istruzione e che ricordino loro di aver cancellato, con indifferenza, un pezzo della storia di una delle città più importanti di Sicilia.
C’è bisogno però che chi si reca a Palermo porti con se in macchina due bagagli importanti: l’orgoglio di rappresentare questa città, la fierezza di essere modicano e di rappresentare una storia lunga oltre due millenni. Per non appesantire il viaggio, magari, si possono anche lasciare a casa i deputati regionali; tanto, come abbiamo avuto modo di vedere, per loro Modica non meritava una battaglia di civiltà.
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