di Redazione

Siracusa, 10 nov. “Non e’ cambiato niente. Il grande dolore e’ sempre lo stesso, e’ come se fossero sempre passate le prime 45 ore da quella strage. La mancanza di un figlio di 28 anni la può capire solo chi ha queste perdite. Ciò che si prova non lo auguro a nessuno. Noi siamo fermi a dieci anni fa. Viviamo tutti i giorni la stessa cosa soprattutto quando si resta da soli. Io e mia moglie stiamo malissimo e siccome non possiamo scaricare tutte le tensioni di questi anni su chi ci sta intorno, ce la prendiamo tra di noi”. Lo ha detto all’Adnkronos Dario Ferraro, il padre di Emanuele, caporal maggiore scelto originario della provincia di Siracusa, una delle 19 vittime fra i militari italiani caduti nella strage di Nassirya il 12 novembre del 2003. “Tutte le celebrazioni in ricordo dei caduti come mio figlio ha aggiunto il padre di Emanuele Ferraro se da un lato fanno piacere, dall’altro ci fanno tanto ma tanto male per cui credo che noi, come famiglia, andremo per l’ultima volta alla commemorazione di Roma. L’Arma e l’esercito ci sono stati vicino ma non capisco, ad oggi, il perché non viene data la medaglia poiché non ci sarebbe stato il cosiddetto ‘atto eroico’ ma invece non è così”. “L”atto eroico’ evidenzia Ferraro c’è stato perché i nostri soldati hanno sparato facendo saltare in aria quel camion che se fosse entrato nella caserma esplodendo all’interno, sarebbero morte 300 persone”. “Oltre a quella di Roma conclude ricordo la celebrazione che si terrà per mio figlio il prossimo 16 novembre a Lentini dove interverranno tante autorità”.
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