La tragedia di una spettatrice
di Saro Distefano

Siracusa – Seduto in ottima posizione attendevo l’inizio, previsto per le ore 19, della doppia tragedia classica, le “Coefore e le “Eumenidi” che, insieme all’”Agamennone” hanno quest’anno riempito la platea del Teatro Greco di Siracusa. La trilogia, detta sinteticamente la “Orestea”, scritta da Eschilo nel 458 avanti Cristo, è stato il degnissimo spettacolo scelto per festeggiare i cento anni dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa.
E seduto sono rimasto fino a quasi le dieci. Lo spettacolo, infatti, è iniziato con oltre venti minuti di ritardo, e si è protratto per oltre due ore (che ai cinquemila assiepati sulle antiche pietre sono sembrati dieci minuti, tanta bella ed emozionante è stata la rappresentazione). Ore spese benissimo. Per lo spettacolo sul palco, e per quanto ho sentito tra gli spalti.
Con me, infatti, altri settanta miei amici ragusani, comisani, vittoriesi, sciclitani e calatini siamo stati quasi un’ora – in attesa della scena – in piedi a chiacchierare. Tra le voci che giungevano al mio orecchio (non a caso al singolare) quella squillante e per certi versi “fuori contesto” di una signora che pur sforzandosi di utilizzare un italiano impeccabile, nell’allungare all’infinito le consonanti finali di quasi tutte le parole tradiva la provenienza etnea.
“Io apprezzavo di più le rappresentazioni classiche quando non c’era l’amplificazione, quello era il vero teatro. E poi non c’erano tutti quegli alberi che impediscono di vedere il golfo di Siracusa, e ci si sedeva direttamente sulle pietre vecchie di due secoli e mezzo, altro che strutture in legno, e numerate, poi”.
La signora, che si atteggiava a snob, col suo discorso raccoglieva non poche condivisioni, anche tra i miei compagni iblei che assentivano. Iniziato lo spettacolo ho tenuto sotto’occhio la anonima (per me) signora etnea che, ovviamente, era seduta nel mio stesso settore quindi numerato e per sopramercato aveva sistemato ben due ulteriori cuscini (ma non preferiva le dure pietre vecchie di due secoli e mezzo?) e nel momento in cui una delle trentasei attrici del coro per chissà quale inghippo tecnico e per soli dieci secondi ha perso l’amplificazione, è stata la prima ha gridare “non si sente!” (ma non era più bello Gasmann senza microfono?).
E però una soddisfazione la signora etnea l’ha data, a tutti noi, almeno a tutti noi siciliani presenti al teatro greco di Siracusa: è stato quando rivolgendosi ad un gruppo smaccatamente milanese, la signora snob a voce sempre molto alta, acuta e fastidiosa, ha rinfacciato: “signora di Milano, ma lei lo sa che le Orestee furono date per la prima volta in questo teatro con la regia dello stesso Eschilo? E le dico di più, mi risulta che in prima fila c’era seduto Platone. Avaia va!”
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