Ci scrive il preside ex consigliere Pd
di Enzo Giannone


Scicli – L’analisi del mio amico Duccio Gennaro sulla situazione di Scicli apparsa oggi su un sito d’informazione, è in parte condivisibile, in parte no.
Lo è certamente sulla debolezza della classe politica nell’ultimo decennio, e a mio avviso anche prima. E mi riferisco alla classe politica locale ma anche a quella regionale e nazionale. Però bisogna anche dire che quella classe politica non è arrivata da Marte, è stata scelta dai cittadini con il voto.
E non è vero che non ci siano state alternative in questi anni. Ci sono state e anche di valore.
Nel 2008 io stesso mi candidai a sindaco con una giunta di alto livello e un progetto di grande respiro. L’esito fu un disastro dal punto di vista elettorale. Il clima da cui scaturiva il consenso era orientato in tutt’altra direzione.
Nel 2012 la proposta del centrosinistra non era irrilevante, ma anche in questo caso i cittadini scelsero tutt’altro.
Eletto due volte in consiglio comunale, mi sono dimesso entrambe le volte per lo stesso motivo: una differenza direi abissale tra la mia visione della politica e quella della politica politicante, aggravata questa seconda volta da una situazione che a livello personale e professionale non era assolutamente accettabile, ossia l’onta dell’accusa di infiltrazioni mafiose su un’assemblea di cui pur facevo parte.
Il ruolo della cosiddetta cultura nella crescita della città? Certamente importante ma tendente negli anni all’autoreferenzialità e ad un certo isolamento. Lo affermo questa volta da Preside della scuola superiore della città, in grande crescita proprio negli ultimi anni, certamente una delle migliori e più innovative scuole della Sicilia, vera palestra e fucina di giovani impegnati e molto attivi nella comunità, associata da anni a LIBERA e presente in tante battaglie per la legalità e i diritti. Rispetto a questa crescita di una realtà così importante quale la scuola e il mondo giovanile, mi consento di dire che quasi inesistente è stata la funzione della cultura “formale”.
Se la cultura “formale” non esercita un ruolo organico, è del tutto conseguente che essa non sia poi riconosciuta sotto il profilo della autorevolezza sociale e quindi politica. Soprattutto in un contesto in cui una sorta di familismo amorale ha continuato ad imperare in tutti questi anni e che ancora nei fatti degli ultimi mesi sembra affiorare.
Se non fosse una cosa drammaticamente seria, ci sarebbe solo da sorridere per quella sorta di guerra, per molti versi strumentale, apertasi in città negli ultimi giorni tra fazioni opposte sulla necessità o meno di intervenire per dire che Scicli non è città mafiosa e non merita la vergogna dello scioglimento istituzionale.
Scicli è una città come tante altre, con tante contraddizioni e tanti problemi; come altrove, anche qui non è possibile tracciare linee nette di demarcazione ed è fuorviante farlo: ci sono esperienze significativamente positive, a volte straordinarie, ci sono aspetti negativi, a volte del tutto esecrabili. La maturità della cultura “formale”, ma anche della politica, sta nell’avere consapevolezza di tutto ciò, proprio per progettare e costruire il futuro. Temo però, e questo è il problema più grande, che non solo la seconda ma anche la prima, non siano oggi in grado di farlo.
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