Riceviamo e pubblichiamo
di Lettera firmata


Scicli – «Aglio, cipolle, rape, ravanelli e porri sono verdure indigeste che non diamo mai agli ospiti della casa!» Eppure nell’aria c’era un sorprendente odore di aglio. Un enigma, quello tessuto da Antonio Vitali -fabbro veramente mastro nella narrativa italiana contemporanea- per il suo romanzo “Zia Antonia sapeva di menta”: intreccio nostalgico di sapori perduti e antichi contrasti familiari, per una semplice storia di paese.
Racconti di un paese del nord che assomiglia, però, pari pari al nostro.
Apriti cielo!
Abbiamo addirittura superato lo stretto di Messina per scippare a un ramo del lago di Como la nostra citazione letteraria del giorno e trascriverla, come un frutto appena raccolto, in apertura della nostra lettera in redazione! Ci siamo affidati a un contemporaneo, forestiero per giunta, per iniziare un racconto breve delle cronache giudiziarie della nostra Scicli: periferia ancor più “impudica e nera” di quella Sicilia, già “buttanissima”, narrata qualche mese fa da Pietrangelo Buttafuoco.
Qualcuno griderà pure al sacrilegio. Non si può parlare di Scicli senza citare i mammasantissima della letteratura siciliana. Alla fine, quel qualcuno di prima, avrà anche ragione di lagnarsi. Da quasi mezzo secolo ormai, siamo stati abituati a solfeggiare il metro armonico e letterario tracciato da Sciascia, Bufalino e Consolo per raccontare di lutti, luce, cavalcate di San Giuseppe e “maschiate” della Domenica di Pasqua nella città più bella del mondo … forse (la buonanima di Vittorini che così la definì, in effetti, qualche dubbio già l’aveva…).
Un paesello, dicevamo, quello descritto da Antonio Vitali nel suo romanzo, sempre bello e sorridente, un luogo dell’anima. Proprio come la nostra Scicli … forse: quella sorridente e beata che ammicca dai sofà letterari; la Scicli patinata delle giravolte dell’intelletto. Ma la vera città, la città di cui tutti abbiamo vergogna, è l’altra, quella che il Senatore Beppe Lumia in una nota al Ministro dell’Interno Angelino Alfano descrive in preda a mafia e malaffare. Mafia e malaffare, le “verdure indigeste” che noi Sciclitani non serviremmo mai agli ospiti di casa.
Quanti, fra gli aedi che hanno cantato le gesta eroiche dei “responsabili” (che responsabilmente non si sono dimessi dopo che il sindaco Susino è stato travolto dall’inchiesta giudiziaria), finora guardano al Partito Democratico come al baluardo dei presidi repubblicani del Paese saranno rimasti scossi, attoniti -macché?- amminchialuccùti dall’interrogazione con cui il senatore del Pd Lumia ha inchiodato i compagni di partito alle loro responsabilità politiche. E ancor di più avranno sofferto nel leggere che uno dei malesseri tipici dei Comuni in cui è d’uopo sciogliere l’ente per mafia è proprio il negazionismo della stampa locale. Del resto, anche nella calabrese Bovalino, sciolta per mafia una settimana fa, la stampa del luogo aveva gridato al complotto contro l’onestà dei bovalinesi, gente onesta e laboriosa che paga colpe non sue. Appunto di questo si tratta. Lo scioglimento per mafia, infatti, non colpisce la comunità degli amministrati, bensì il consesso degli amministratori: cittadini (nel ruolo specifico di sindaco, assessori, consiglieri, e talora finanche funzionari) che non hanno saputo arginare, purtroppo, l’infiltrazione o il tentativo di condizionare. E’ la classe politica il soggetto che viene spazzato via dallo scioglimento per mafia, non la comunità degli onesti e dei laboriosi!
In questo il Ministero dell’Interno valuta, come elemento emergente tipizzante della necessità di sciogliere, la circostanza che la stampa locale –che dovrebbe essere cane da guardia ringhioso nei confronti del potere – sia diventata, invece, strenuo difensore dei politici locali a rischio di scioglimento. Se la stampa è collusa col potere, evidentemente gli anticorpi non hanno funzionato. Da qui la scelta di amputare l’organo politico, quando c’è “giornalismo di omissione”!
Del resto, oltre alla solidarietà politica totale dell’attuale consiglio comunale con il sindaco indagato, rilevano gli elementi acquisiti durante le audizioni dei consiglieri comunali. Anche dei consiglieri dimessi e fra questi chi ha confermato di conoscere il racket dei manifesti che puniva menando e di brutto chi si azzardava ad affiggere senza il suo interessato consenso.
Non entriamo, poi, nel merito della scelta di quanti hanno dato locali in affitto a Franco Mormina, boss locale di riconosciuta pericolosità sociale. Saranno questi i presupposti, reali, per i quali il Ministro Alfano e il premier Pd Matteo Renzi taglieranno la testa, le unghie e anche la coda ai responsabili dello status quo. Con buona pace di quanti difendono l’asset degli interessi conosciuti e riconosciuti, che sino ad oggi hanno potuto contare sulle autostrade del privilegio e della scontistica comunale.
È vero, siamo proprio come quei tontolotti dei romanzi che dicono sempre la verità, incapaci di custodire un segreto. Nel rimpianto di quel sapore antico di menta, coperto dal misterioso, ma non troppo, fetore dell’aglio.
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