di Redazione
E venne il giorno di pagare anche l’aria che respiriamo. Almeno a Marina di Modica, dove un cartello affisso ben visibile sulla vetrata esterna di un supermercato recita: «Soffermandosi per più di quindici minuti in questo locale si prega di contribuire con euro 0,50 (per aria condizionata)». Pochi giorni fa, sempre a Marina di Modica, la polemica di una mamma indignata quando si è vista chiedere cinquanta centesimi dal titolare di un bar per riscaldare il biberon del suo bambino. Passando da un esercente all’altro, ecco arrivare l’imposta sull’aria.
Così provate ad entrare in questo supermercato. L’aria è fresca. La gente tanta. Alla cassa si formano file interminabili. I vacanzieri di ritorno dal mare affollano i corridoi per fare la spesa. E quasi tutti allo stesso orario.
Troppa folla, troppa ressa. Il contatore dell’energia elettrica gira e segna i kilowatt consumati. I clienti aspettano. Alcuni con pazienza, qualcuno sbuffa.
Tutti, respirano.
L’attesa, prima di mettere mano al portafoglio, davanti alla cassa è estenuante. Il conto, salato. Il respiro sembra accelerarsi e l’aria restringersi.
«No, basta. Qui bisogna risparmiare» si sono detti i proprietari del supermercato che hanno deciso di educare i clienti a un sano principio di rispetto della natura e delle sue risorse più nobili.
E allora chi staziona in fila davanti alla cassa, o in generale, all’interno del supermercato, per più di un quarto d’ora, deve pagare cinquanta centesimi.
Senza sconto e solo se respira.
Giuseppe Savà

L’articolo in prima pagina nazionale su La Sicilia
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