Scompare il BdS come persona giuridica ma restano il marchio e le strutture
di Redazione

Banco di Sicilia addio. Da domani della banca creata nel 1843 e dal 1867 autorizzata a emettere moneta rimarrà soltanto il marchio: le direzioni e tutte le strutture operative passano sotto la diretta gestione della banca unica, il cosiddetto “bancone” che raggruppa, oltre al BdS, le altre banche controllate da Unicredit group: UnicreditBanca, Banca di Roma, Unicredit Private banking e Unicredit Corporate banking. Dal punto di vista giuridico il Banco di Sicilia Spa, come le altre banche della holding milanese, scompare. Decade anche il Consiglio di amministrazione, l’ultimo a presiederlo è stato Ivan Lo Bello, alla guida di Confindustria in Sicilia, artefice della svolta antiracket degli industriali. La nascita del “bancone” coincide con la scadenza dei patti parasociali che Unicredit aveva ereditato dall’incorporazione con Capitalia, che controllava il Banco di Sicilia e che consentiva alla Regione siciliana e alla Fondazione BdS, azionisti della holding di piazza Cordusio con lo 0,5% e lo 0,6%, di indicare propri rappresentati nel Cda della banca siciliana. Il nuovo assetto di Unicredit prevede la figura dei presidenti territoriali, con il compito di agire quale punto di riferimento per i rapporti con i principali interlocutori istituzionali locali. Questo ruolo in Sicilia è stato assegnato a Roberto Bertola, che fino ad oggi aveva ricoperto l’incarico di amministratore delegato. Continuerà ad avere un ruolo chiave il Comitato territoriale, presieduto dall’imprenditrice Josè Rallo, su cui la holding scommette per interpretare le esigenze di sviluppo delle imprese locali. La storia del Bds è stata contraddistinta da scandali e fusioni. Con la legge Amato-Carli nel 1990 il Bds viene trasformato da istituto di diritto pubblico a Spa. L’anno successivo la Regione approva una legge per la ricapitalizzazione delle banche pubbliche siciliane, un provvedimento di 1.100 miliardi di lire che interessa anche la Sicilcassa, che nel ’97 sarà acquisita con tutte le passività dal Banco di Sicilia. Operazione, quest’ultima, avversata dall’allora presidente Gustavo Visentini, che si dimise. Qualche anno prima, nel ’94, il BdS era stato commissariato a causa degli avvisi di garanzia arrivati ai vertici della banca in relazione alla gestione del credito, che vedeva sofferenze superiori ai cinquemila miliardi di lire. L’autonomia del BdS comincia a scricchiolare nel ’99, quando il Mediocredito Centrale entra nel Banco; poco dopo sarà il primo a integrare il secondo, che a seguito del processo di privatizzazione viene a sua volta acquisito dalla Banca di Roma. Nel 2002, con la riorganizzazione del Gruppo Bancaroma, il BdS viene incorporato nella Banca di Roma. Nel 2007, dopo la fusione Unicredit-Capitalia, il Banco di Sicilia entra a far parte di Unicredit group. Col nuovo corso, solo il marchio BdS rimarrà nelle 422 filiali. Per Lo Bello, ultimo presidente del Banco di Sicilia, «scompare il Banco di Sicilia come persona giuridica, non come azienda, che rimarrà nel territorio, mantenendo il marchio insieme alle strutture operative. Non sarà una periferia del gruppo». «Sono stati anni estremamente complessi e interessanti, durante i quali è cambiato il sistema bancario – aggiunge Lo Bello, decaduto ieri dal ruolo di presidente come gli altri componenti del Consiglio di amministrazione – che ha affrontato la crisi internazionale. Il BdS si è distinto per la capacità di reggerne l’urto. Il BdS è un’azienda che ha saputo coniugare tradizione e innovazione e oggi confluisce in una realtà più grande». «Il BdS – conclude – apporta un valore aggiunto alla nuova banca e beneficia di un modello organizzativo che vede un forte decentramento di decisioni e competenze; l’obiettivo è rendere un servizio migliore a cittadini e imprese, che potranno utilizzare anche in un’ottica di internazionalizzazione verso nuovi mercati la rete lunga di UniCredit, che è il primo sistema bancario in alcuni Paesi dell’est europeo, Russia e Turchia».
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