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07/08/2009 00:39

Aju pira ca parunu puma. Il concorso maglietta Sciclinews

di Socrathe

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“Il tuo seno trionfante è un bell’armadio i cui pannelli curvi e luminosi

 

come scudi mandano lampi,

 

scudi provocanti, armati di punte rosa!”

 

Cantava Baudelaire nel suo indimenticabile “I Fiori del male”. Odi, rancori, amori naturali e perversi, rivisitati da una poesia carica di eros e d’immagini.

“Quando, con gli occhi chiusi, in una sera calda d’autunno/ respiro l’odore del tuo seno, /vedo scorrere fiumi felici /”

Il seno nell’immaginario del poeta diventa la sede naturale della passione, l’oggetto più rappresentativo e caratterizzante la femminilità della donna. Anche quando diventa vecchio e cadente come quello martirizzato di una vecchia puttana, baciato e mangiato da un debosciato che nel fondo dell’anima spesso ci somiglia. In effetti, il poeta traduceva in linguaggio un antico desiderio che aveva spinto pittori e scultori a rappresentare questo non trascurabile particolare anatomico per la gioia dello spirito e il sollazzo del corpo.

Tiziano era stato l’interprete di una morbosità dolce e appassionata che aveva espresso sulla tela a colpi di pennello. La casta prepotenza del seno delle sue Danae, lascivamente abbandonate alla fecondante pioggia d’oro del dio, provocò nella società del suo tempo un vero e proprio scandalo ma anche l’ammirazione e il segreto desiderio del corpo e, in particolare, dei seni della donna. Coppe ripiene d’ambrosia che si lasciano svuotare lentamente perché si compia il mistero e si raggiunga l’immortalità dell’attimo, perché leniscano le febbri dell’amore. Jean Honoré Fragonard scandalizzò l’ultimo settecento parigino con una sua pittura “Le Bagnanti” che dovette quasi immediatamente ritirare dal Salon, dove era stata esposta. I seni, ostentati e prosperosi come nella pittura di Rubens, contenevano una tale carica erotica che, a ragione, turbarono le notti e il pudore degli uomini e delle donne, di lui contemporanei. Oggi la guardiamo questa scena con disincanto e svogliatezza, riproposta e interpretata dal pennello di un intelligente Scalia, a far bella mostra di sè nello splendido salone di palazzo Spadaro.

Quante scomuniche, quanti dispiaceri per una festa di tette, dionisiaca, ma pur sempre ingenua anche se mondana! Madame de Pompadour, spregiudicata cortigiana del suo tempo non esitò a mostrare il seno nudo al suo scultore preferito (fortunato!) perché lo immortalasse per le generazioni future. Ne teorizzava a lungo, con dissimulata abilità “gossipara”, le proprietà e le fattezze, le corrispondenze alle carezze dei suoi amanti.

 

 

 

Ma chi fece del seno il vero simbolo della libidine fu Goya. La sua “Maya desnuda” anticipò i tempi delle famose signorine nude o discinte, ritratte in pose provocanti da un rudimentale obiettivo, sorridenti consenzienti alle intense voglie di chi aveva davanti ai propri occhi una trincea in un freddo accampamento delle Alpi e per destino la morte. Erano tempi folli. Di conflitti insanabili e universali, di fantasie erotiche sfogate in un modo solitario sotto una complice luna. Goya dipinse i due quadri della “Maya desnuda e della “Maya vestida” per Godoy, amante perverso e libertino nonché primo ministro della regina Maria Luisa di Parma, moglie di Carlo IV, re di Spagna. Godoy conservava le due pitture nel suo studio. Dotati di un artificioso marchingegno, i quadri ruotavano su di un asse per mostrare ora la donna vestita, ora la donna nuda. Il maestro li dipinse per consolare le insaziabili curiosità voyeuristiche del suo strano e vizioso committente. Goya non fu uno stinco di santo. Tutt’altro. Solo un dissipato avrebbe saputo penetrare quell’intima prepotente tenerezza. E lo seppe fare così bene che fu il vero grande scandalo che agitò l’Europa e non solo l’Europa. L’Inquisizione, su tutte le furie, ordinò che si distruggesse la pittura della donna nuda perché potentemente oscena. Per fortuna nulla fu fatto. Goya però, terrorizzato, scappò in Francia, dove terminò in miseria la sua vita. Gli occhi della dea plebea, sfrontati e sapienti, provocano, in chi li guarda, il desiderio e la concupiscenza. I seni al vento della “Maya” palpitano ancora oggi per noi. Sollecitano da sempre una carezza. Sembrano due cerbiatti, gemelli di una gazzella che pascolano tra i gigli come canta il Cantico dei Cantici o due piccoli monti, il monte della mirra e dell’incenso dove il giovane promesso sposo della figlia di Gerusalemme vorrebbe riposare prima che spiri la brezza del giorno e le ombre si allunghino nel sospeso dormiveglia della notte. Riposare.

 

 

Ecco l’antico, millenario desiderio degli uomini. Scalare vette così agognate e proibite che spesso furono mete irraggiungibili persino da dei. Nell’immaginario siciliano il seno occupa un posto di tutto rispetto. E’ a quest’organo femminile che la fantasia popolare si rivolge per dare sfogo alla sua più sfrenata compiacenza.

“Minni ruòssi, minni lurdi, minnùna, minni cuòmu pira, piéttu sciddicàtu, minni tranti ecc…” Un interesse particolare polarizza l’attenzione erotica sicula e la esprime senza pietà e pudori. In effetti, il siciliano nel seno ritrova una parte della sua vita e della sua storia. L’atto del mungere tipico delle antiche civiltà pastorali, che occuparono l’isola dalla notte dei tempi, lo realizza appieno nel suo ruolo di capo branco, maschio dominante, massaro. Le femmine, fattrici e non, comunicano alle sue mani, attraverso di esso, la forza primigenia per plasmare una storia che non può non procedere dal culto fondamentale e mediterraneo della dea madre. E’ nelle più segrete e intime ore della notte che l’antico e vecchio licantropo trova, con la complicità dell’alcova, le giuste atmosfere per far vibrare quei cumuli di carne sotto la spinta della sua forza bruta. Un gioco intriso di passioni, di rabbie, di sentimenti repressi che fanno ancora oggi della nostra isola il vero paradiso del sesso. Uomini e dei si confondono sotto le lenzuola e i sudori estenuano i corpi per lunghe e disordinate veglie d’amore.

Giacerò anch’io fra le tue coppe turgide e lattiginose, donna dell’antico amore le cui labbra rosse macchiarono una fitta siepe di mortelle mentre il grido del coito scuoteva l’universo. Misteriosa e splendida creatura possedevi con arte la mia anima prima ancora che il mio corpo..

 

Ora, a noi, sembra che s’abbia da sollevare il velo su “quelle cose belle, mosse d’amor divino” sin qui narrate dal nostro Un Uomo Libero. Ora, a noi, sembra che s’abbia il Piacere d’omaggiare “le custodi del fuoco sempiterno che scendono alla marmorea piscina”.

 

Taljati chi ‘ssu beddi!

 

A bordo di un vascello carico di sorrisi salmastri e poppe al vento, approda sulla web coast di ScicliNews il primo concorso a premi:

 

Aju pira ca’ parunu puma!

 

Il tormentone dell’estate 2009, lanciato dalle pagine di questo giornale a mo’ di adagio, inizia a darci le prime soddisfazioni. La foto della nostra incantevole ed esuberante (e apostrofiamola esuberante!) modella – che nulla nasconde! – l’avete “notata” tutti in copertina. Lì, dove tutto pare, il frutto ella nasconde. E che frutto! Beddi pira, Ladies and Gentlemen, ma “beddi beddi”, a dirla in siciliano, che sembrano effettivamente “puma”. Non c’è stato bisogno di testarli in laboratorio! Nessuna modifica genetica! Tutta roba genuina è! ScicliNews premierà i “pira” migliori, quelli “beddi ca’ parunu puma”, “Pira” ragusani, modicani, sciclitani, siciliani, italiani, e d’ogni dove. I Beddi Pira del Mondo passeranno da questa pagina. E a quelli “beddi beddi ca’ parunu puma” andrà in regalo la nostra T-Shirt.

Per partecipare al concorso occorre essere maggiorenni, dai 18 anni in su, e, diciamocela tutta, anche maggiorate, dalla 3° misura in poi. Le foto dovranno essere spedite a questo indirizzo email: info@sciclinews.com., oggetto: beddi pira!

Foto in maglietta, canotta, costume da bagno, ritratti in abito da sera e vestaglia da giorno. Beddi pira da spiaggia o da serata di gala, aristocratici e popolari. Insomma, come meglio v’aggrada e v’apparecchia. Se non avete il computer a portata di mano e avete saputo del concorso da un vostro amico, da vostra zia, dal fidanzato o dal marito, mentre i vostri “beddi pira” fremono per un posto in prima pagina e non sapete come fare, potete mandare le vostre immagini anche via mms, dal vostro cellulare, sempre al solito indirizzo email: info@sciclinews.com. Le foto spedite saranno ritagliate e privacyzzate prima della pubblicazione.

 

 

Come quelle della nostra spumeggiantissima modella che ha posato per la prima, la seconda, la terza, e forse anche la quarta di… copertina. Quest’estate su ScicliNews non occorre metterci la faccia, bastano due “beddi pira” e lo shiwaismo tantrico di stile dionisiaco farà il resto.

 

Socrathe e Un Uomo Libero

 

 



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