Cultura
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12/09/2012 09:19

Alessia Scarso, la prima volta al cinema della reginetta del corto

L'emozione della prima volta

di Redazione

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Alessia Scarso e Camilleri
Alessia Scarso e Camilleri

Roma – I toni sono lievi, le ambientazioni colorate, i personaggi chiassosi: non fosse per il tema trattato, profondo e pregnante, sarebbe una commedia tra le altre. L’etichetta di commedia è riduttiva per “Come non detto”, diario semiserio di un coming out e della lunga strada verso l’accettazione, in primo luogo di se stessi. Oggi, nelle sale nazionali, è un unicum sotto molti punti di vista: prima sceneggiatura per lo scrittore Roberto Proia, prima produzione per la casa di distribuzione Moviemax e prima regia di un lungometraggio per Ivan Silvestrini.
È il primo lungometraggio anche per la modicana Alessia Scarso, che del film ha curato il montaggio e che con questo lavoro fa il suo debutto in grande stile nelle sale nazionali.
Lavorare a un film per la grande distribuzione, con interpreti affermati come Monica Guerritore e con la colonna sonora di Syria, è un trampolino o un traguardo?
«Un traguardo perché finalmente mi è stata data la fiducia per gestire l’edizione di un lungometraggio, ma anche un trampolino perché ci ho preso veramente gusto. Un film viene scritto la prima volta su carta, poi il regista ne gira la sua interpretazione, infine al montaggio si trascrive una terza volta, tenendo conto di tante cose: lo scritto originale, il punto di vista del regista, l’interpretazione degli attori, l’equilibrio spazio temporale della storia che ondeggia sugli stati d’animo dei personaggi».
Come si rendono sullo schermo il senso di questo ritmo incalzante ma ondivago del “lo dico-non lo dico” e le mille tacite paure del facile giudizio altrui?
«Il film racconta con apparente leggerezza, travestito da commedia, il peso di non riuscire ad essere se stessi, e il tema dell’omosessualità è lo spunto per un discorso più ampio legato all’accettazione di sé. Ho seguito con attenzione la sceneggiatura di Roberto e la messa in scena di Ivan, e grazie a loro è stato relativamente semplice costruire il ritmo altalenante del “come non detto”».
Come è stato accolto la sera della prima?
«Il pubblico era entusiasta. Per noi era la prova del nostro lavoro: hanno riso dove abbiamo sperato ridessero, si sono emozionati dove speravamo si emozionassero. Quello che volevamo comunicare è passato, e questa è la gioia più grande».
La forma del film è leggera, ma il tema è “pesante”, specie se visto da una Sicilia “tradizionalista”: la controversa terra delle mezze parole.
«Pensare che la Sicilia potrebbe non comprendere il messaggio è un pregiudizio. I pregiudizi sono forme di paura: “Come non detto” contiene proprio un messaggio di liberazione dalle paure, e io credo che la nostra controversa terra, come la definisci, abbia vissuto storicamente così tante diversità da imparare a comprenderle, e anzi ad arricchirsi di ogni forma di diversità».
Le premesse ci sono, il piglio e la fermezza pure, le idee sono chiare e il talento non manca: per Alessia questo è solo l’inizio. Mezza parola.

La Sicilia