Cultura
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16/10/2010 20:16

Andrea De Carlo: LeieLui non si parlano più

In questo Paese non ci si parla più. Sta scomparendo anche la curiosità

di Redazione

Andrea De Carlo, è appena uscito (edito da Bompiani) il suo ultimo romanzo “Leielui”, una storia d’amore raccontata a voci alterne. Cosa risponde a chi periodicamente rimprovera alla letteratura (ma anche al cinema) italiana di occuparsi troppo di vicende private e mai della società?

«In molti dei miei romanzi mi sono occupato di aspetti per così dire “sociali”. Stavolta avevo voglia di raccontare una storia d’amore. In ogni caso i miei personaggi vivono nella società, e quindi risentono di ciò che vi accade».

Qualcuno ha trovato nel libro più di una critica all’Italia di oggi.

«Credo che in Italia si stia rovinando il rapporto fra le persone, e quindi anche tra gli uomini e le donne. Per esempio, si è ridotta molto la soglia di attenzione. Viviamo in un mondo con interruzioni sempre più frequenti. Non c’è conversazione che non sia interrotta dal cellulare, da un Sms, da una mail. Questo cambia profondamente la qualità di un rapporto. Restare concentrati è sempre più difficile. Insieme con l’attenzione si riduce la pazienza. Trovo che vada scomparendo la curiosità verso l’altro. Vedo persone che parlano esclusivamente di sé, che non ascoltano. Facebook rappresenta alla perfezione questo mondo: ognuno si mette al centro di un universo fasullo popolato addirittura da migliaia di pseudo-amici».

Lei come si difende?

«Il cellulare lo uso pochissimo. Non sono contrario agli sms: trovo che siano un fantastico modo per scambiarsi informazioni sintetiche. Quando devo parlare con qualcuno, cerco di farlo in modo diretto. Ma solo quando ho davvero qualcosa da dire». Il libro è lungo 570 pagine. Lei scrive poco e poi aggiunge, o scrive molto e poi toglie? «Mi può capitare di buttare via interi capitoli, ma di solito scrivo una prima stesura e poi sviluppo varie parti».

Ritmi di scrittura?

«Quando lavoro a un romanzo, lavoro tutto il giorno, secondi ritmi comuni a qualsiasi altra occupazione. Comincio di mattina e finisco la sera. Di notte non sono mai riuscito a scrivere. Mentre scrivo, non faccio altro. Per scrivere questo libro ho impiegato 15 mesi e poiché ho terminato da poco di correggere le bozze, posso dire che negli ultimi 15 mesi non ho fatto altro».

Cosa pensa dell’e-book?

«Alla Fiera di Francoforte non si parlava d’altro. Credo che presto si diffonderà e sostituirà la gran parte, ma non tutti, dei libri. Il libro cartaceo continuerà ad avere il suo fascino come oggetto, in ciascun libro ognuno lascia le proprie tracce e perciò diventa “tuo”. La maggior parte dei libri venduti, però, è in edizione tascabile, piccola, con caratteri quasi illeggibili e carta brutta. Allora è meglio un lettore, e fra i lettori credo che l’Ipad sia in vantaggio perché è un oggetto esteticamente più bello. Credo che la rivoluzione definitiva si avrà quando i lettori avranno due pagine e non soltanto una, e quando diventerà flessibile. Allora sarà davvero conveniente e comodo da usare anche, per esempio, a letto».

Lei una volta era lo “scrittore giovane” per antonomasia. Che ne pensa dei giovani di oggi, dalla Avallone a Giordano?

«Non li ho letti. Quando scrivo leggo solo saggistica per non rovinarmi lo stile. Però sono curioso di conoscere i fenomeni editoriali. Per esempio ho letto il “Codice Da Vinci”, un libro orrendo».

C’è un po’ d’invidia?

«Ogni scrittore vorrebbe avere più lettori di quelli che ha. Ma vorrei conquistarli con i miei romanzi». Nel suo sito personale ci sono molte foto. Ma come fa, a 58 anni, ad avere ancora dei capelli così scuri e un’aria così intensamente giovanile? «Molto è merito della genetica, anche i miei genitori da anziani avevano capelli scuri, e il resto lo fa una vita sana e attiva».