di Redazione

“Uno splendido tradimento”.
Ma può un tradimento essere splendido?
“Capace però di mantenere fedeltà nello spirito all’originale”.
Già, fedeli nello spirito, ma non nella carne. Déjà vu.
Sabato sera il teatro Garibaldi di Modica ha ospitato la pellicola restaurata di “Anni Difficili”, il film di Luigi Zampa girato nella città della Contea nel 1948, e restaurato dopo un lavoro di cesello durato 135 mila fotogrammi.
Matteo Pavesi e Davide Pozzi, delle Cineteche di Bologna e Milano, hanno prima cercato le pellicole superstiti, in giro per l’Europa, quindi confrontato, fotogramma per fotogramma, le “pizze” rimaste del film di Zampa ispirato al romanzo di Vitaliano Brancati “Il vecchio con gli stivali”.
In sala la figlia di Brancati, Antonia Brancati, in rappresentanza anche della madre, Anna Ploclemer, costretta alla cautela dalla veneranda età.
“Uno splendido tradimento”, ha spiegato un barbuto Tatti Sanguineti a fine serata, ma “capace di restituire l’atmosfera del libro, seppur fedifrago di alcuni passaggi”.
Una sceneggiatura a dodici mani quella del film, cui partecipò lo stesso Brancati.
Ma cosa ha provato Antonia Brancati nel vedere restaurata la pellicola?
“Avevo visto il film diversi anni fa, e mi aveva divertito. Oggi, a distanza di qualche anno, provo tristezza per come la pellicola sia riuscita a restare drammaticamente attuale, moderna, contemporanea”.
In cosa contemporanea?
“Nella capacità di descrivere l’umore italico –aggiunge Sanguineti-. Il voltagabanismo, il continuismo della classe dirigente, il trasformismo di quanti, militanti e squadristi fascisti, all’indomani dell’invasione americana della Sicilia si dichiararono antifascisti da sempre”.
E il duo Zampa-Brancati è impietoso nella descrizione della classe borghese, quella che Fabrizio De Andrè, con grande ferocia poetica, definì “la figlia del droghiere”, in “Rimini”.
L’onorevole, il farmacista, il dottore covano il loro risentimento contro il Duce, la sua rozzezza, il messaggio politico insulso, ma lo fanno nel retrobottega, auspicando una rivolta di popolo che non arriverà mai.
La borghesia, che manda a morire in guerra i figli del popolo, intuisce la tragedia della deriva fascista, resta alla finestra a guardare, immaginando che altri debbano fare la rivoluzione.
La serata è stata introdotta da un’intervista a Franco Antonio Belgiorno, scomparso meno di due mesi fa, e da una riduzione del documentario “Modica e il Cinema” di Alessia Scarso.
Il film stupendamente restaurato dalla Cineteca italiana di Milano con il Museo del Cinema di Torino e la Cineteca di Bologna è stato riproposto a Venezia, con proiezione nella Sala Volpi, in occasione della 65^ Mostra internazionale d’Arte Cinematrografica, venerdì 29 agosto.
“Anni Difficili” è stato il film più discusso e dibattuto tra i 32 titoli (film e documentari) che costituivano il corpo della retrospettiva “Questi fantasmi: Cinema italiano ritrovato ( 1946 -1975)” curata da Tatti Sanguineti e Sergio Toffetti.
“Ridere dei propri difetti è la migliore virtù dei popoli civili” diceva Vitaliano Brancati.
Il film è una metafora formidabile della condizione di attendismo opportunista di questo Paese, del suo ceto dirigente.
E così il segretario del sindaco di Modica fa un lapsus freudiano quando, arrivati gli americani in città, si rivolge al primo cittadino chiamandolo “gerarca” anziché “sindaco”.
Con il titolo che aveva appena qualche settimana prima.
Giuseppe Savà
Nella foto Vitaliano Brancati, la moglie Anna Proclemer e la figlia Antonia
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