L'emendamento Leontini
di Redazione

Palermo – Era un emendamento minuscolo nascosto tra le pieghe dell’esercizio provvisorio di Bilancio. Una leggina piccola piccola che in pratica doveva semplicemente prorogare l’entrata in vigore di un’altra legge, ben più corposa, approvata nell’aprile scorso.
L’Ars ha bocciato l’emendamento, lasciando nel panico tutti i vari consanguinei che siedono negli stessi organi amministrativo dell’isola.
Innocenzo Leontini, capogruppo del Pdl all’Ars, aveva inserito nel provvedimento di esercizio provvisorio l’emendamento, che nella sostanza non faceva altro che rinviare alla prossima legislatura l’entrata in vigore della legge 6 dell’aprile 2011.
Legge che al comma 6 dell’articolo 4 disciplinava un semplice principio: “Non possono far parte della giunta il coniuge, gli ascendenti e i discendenti, i parenti e gli affini sino al secondo grado, del sindaco, di altro componente della giunta e dei consiglieri comunali”.
Oggi il colpo di scena: il deputato del Pd Bruno Marziano ha infatti chiesto il voto segreto per l’emendamento “salva parenti”. E nel segreto dell’urna 34 deputati contro 26 hanno bocciato l’emendamento Leontini.
Dal primo gennaio in Sicilia dovrebbero iniziare le dimissioni a catena: niente più figli, padri, madri, sorelle e fratelli nella stessa giunta o consiglio comunale e provinciale.
A Vittoria, con l’emendamento di Leontini si sarebbero salvati i fratelli Garofalo del Pd: Salvatore è assessore e vice sindaco mentre la sorella Arcangela siede in consiglio comunale.
Avrebbero tirato un sospiro di sollievo anche i fratelli Salvatore e Giovanni Mallia, Pdl: il primo è assessore alla provincia di Ragusa, il secondo invece è consigliere provinciale.
Nella stessa situazione anche i fratelli Mandarà: in giunta con il maggiore Piero e in consiglio con il minore Salvatore. Piero Mandarà è poi il papabile candidato sindaco del piccolo comune di Santa Croce Camerina.
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