Ragusa - Lo sfruttamento dei braccianti romeni impiegati nelle serre agricole del ragusano è ormai un fenomeno sistemico, drammaticamente consolidato in tutto il territorio della cosiddetta “fascia trasformata”. Una via d’uscita è possibile, ma per aggredire il “sistema” sono necessarie azioni concrete, percorribili attraverso il coinvolgimento e la sinergia di tutti i soggetti che possono contrastare questa realtà, dagli enti del privato sociale alle amministrazioni pubbliche, dalle autorità giudiziarie alle organizzazioni sindacali e di categoria.
Criticità e soluzioni del fenomeno sono state al centro del meeting “Romania andata e ritorno: vita e lavoro nello sfruttamento”, organizzato dalla Cooperativa Proxima con il patrocinio del Comune di Ragusa e del Dipartimento delle Pari Opportunità nelle sale di Palazzo Cosentini a Ragusa Ibla, dal 2 al 5 dicembre. Quattro giorni di studio e confronto per fare luce sullo status del bracciantato romeno, con un approccio multidisciplinare e trasversale, e lo sguardo rivolto ai diritti di tutti i lavoratori sfruttati, non solo nel comparto agricolo ragusano. All’evento hanno partecipato operatori del terzo settore, rappresentati del Dipartimento per le Pari Opportunità, diplomatici romeni, esperti accademici, autorità giudiziarie, forze dell’ordine, esponenti politici e parti sociali.
Attraverso le esperienze di chi è impegnato ad ascoltare e assistere i migranti – da Proxima alla Caritas fino alla FLAI CGIL - e attraverso le testimonianze degli stessi lavoratori romeni, è emerso il quadro di un’esistenza di stenti e degrado, gravata da problematiche socio-sanitarie, confinata nelle campagne, lontana dal contesto urbano, dunque invisibile al resto della comunità. I risultati di alcune indagini in ambito universitario, realizzate in presa diretta, sul campo, hanno anche delineato il contesto socio-culturale dello sfruttamento lavorativo e i suoi risvolti psicologici, a cominciare dal senso di isolamento e vulnerabilità che rende i lavoratori e le lavoratrici soggetti facilmente ricattabili.
Una volta entrati nel “sistema”, pur di non perdere l’impiego – spesso non tutelato e retribuito con un salario da fame – i braccianti sono infatti disposti ad accettare condizioni disumane e umilianti, e le donne, in alcuni casi, anche ricatti a sfondo sessuale. Rispetto a questa strutturale posizione di vulnerabilità dei migranti, legata alla necessità di guadagnare denaro sufficiente per mantenere la propria famiglia in patria o sul territorio, il meeting ha chiarito una volta per tutte che non esiste un confine tra lo sfruttamento lavorativo e la tratta degli esseri umani, anche ai sensi della direttiva europea sulla tratta (n. 36 del 2011), in cui il «consenso» della vittima all’abuso di potere è definito «irrilevante».
In attesa di un testo unico che recepisca a pieno la direttiva Ue, il meeting ha ampiamente discusso il quadro normativo italiano, le leggi e i codici che dovrebbero porre un argine allo sfruttamento, e le proposte delle istituzioni politiche finalizzate ad aggredire questa realtà. Importanti, in tal senso, gli interventi dell'On. Erasmo Palazzotto, Vicepresidente della Commissione Affari Esteri della Camera, della senatrice Venerina Padua, membro della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, e del vicepresidente del Senato Valeria Fedeli. Da sottolineare la presenza dell'Ambasciatrice Romena in Italia Dana Costantinescu.
Ampio spazio è stato dedicato anche agli aspetti penali del fenomeno della tratta e alle azioni di contrasto delle forze di Polizia, con le relazioni del Colonnello Marco Turchi, Comandante dei Carabinieri per la Tutela del lavoro; del Vicequestore di Ragusa Nicola Spampinato; del Colonnello Claudio Solombrino, Comandante Provinciale della Guardia di Finanza di Ragusa; del Maggiore Alessandro Coassin, Comando Carabinieri di Ragusa; della Dott.ssa Monica Monego , Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ragusa
Nell’ambito delle strategie di contrasto è stato fatto il punto sul “tavolo di coordinamento”, istituito l’anno scorso presso la prefettura di Ragusa con l’intento di coinvolgere tutti i soggetti interessati alla lotta contro lo sfruttamento lavorativo. Durante il meeting, anche grazie all’impegno del Prefetto di Ragusa Annunziato Vardè, gli obiettivi del “tavolo” sono stati subito rilanciati, ma è stata anche evidenziata la necessità di passare, quanto prima, dalle parole ai fatti, concretizzando alcune proposte volte a premiare la legalità e a supportare chi gestisce le proprie aziende agricole nel rispetto dei diritti umani: dagli sgravi fiscali per gli imprenditori onesti, fino al cosiddetto “bollino etico” sui prodotti agricoli, che certifichi l’assenza di qualsiasi forma di sfruttamento nelle campagne. E tra le criticità del “tavolo” è emersa un’assenza pesante: il silenzio delle associazioni di categoria e dei datori di lavoro.
Con l’intento di dare respiro alla riflessione, il convegno ha lasciato spazio anche all’arte e alla cultura. Il 4 dicembre, a Ragusa Ibla, lo spettacolo teatrale “Seră biserică” di Giacomo Guarneri (produzione Santa Briganti) ha riempito la sala Falcone Borsellino, alzando il sipario sulle vessazioni e i ricatti a cui sono soggette le donne romene nelle serre.
“Romania andata e ritorno” è anche il titolo della mostra fotografica di Francesca Commissari, in esposizione a Palazzo Cosentini fino al 20 dicembre: una narrazione multimediale che accompagna il visitatore in un viaggio, tra le storie delle famiglie che lasciano la Romania per lavorare nelle campagne ragusane, inseguendo il sogno di un futuro migliore che il più delle volte si infrange nel circuito chiuso delle serre.
di Redazione
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