Enna - Era il 14 maggio del 1997 e Mimma Virzì, allora 40enne, viene svegliata dalla tanto attesa chiamata. C'è un cuore per lei. E' il cuore di Marta Russo, studentessa universitaria romana uccisa alla Sapienza da un colpo di pistola, senza un perchè.
Domenica "Mimma" Virzì è una siciliana di Catenanuova, nell'ennese, oggi sta bene, ha 4 figli, 8 nipoti, un lavoro da remoto, e un marito. La telefonata che non dimenticherà mai arrivò il 13 maggio del 1997: c’era un cuore compatibile. «La mia prima reazione è stata di panico, ho detto: “Datelo a un altro”. Poi ho accettato, soprattutto per la mia famiglia. Mentre mi portavano a Catania per l’intervento ero convinta di non farcela: avevo il 50% di probabilità di sopravvivenza. Mio marito seguiva l’ambulanza alla guida del suo camion: durante il tragitto, sentì alla radio la notizia della tragica morte di Marta Russo, uccisa all’università di Roma da un proiettile vagante, e della decisione dei genitori di donarne gli organi. Ancora non sapeva che il suo cuore avrebbe continuato a vivere con noi».
«I medici di Catania dove ero in cura, erano stati chiari. Mi avevano detto che solo un trapianto avrebbe potuto salvarmi. Ma quella notte, quando è arrivata la telefonata, ero sola in casa, mio marito fa il camionista. Ho cercato di prendere tempo, di suggerire qualcun altro al mio posto. Mi hanno spiegato che l’organo era compatibile, che ero io la più adatta a riceverlo. Non sapevo che fare, ero molto agitata, e allora ho chiamato il mio sacerdote. Lui è venuto, ne abbiamo parlato, ma non se l’è sentita di consigliarmi. Insieme abbiamo aperto una pagina della Bibbia, così a caso, cercavo un segnale, e questo è arrivato. Ho letto una frase che diceva “le cose della terra appartengono alla terra e le cose di Dio appartengono a Dio, e Dio farà nuove tutte le cose”. Mi è sembrata una frase positiva, e allora mi sono fatta forza e sono entrata in sala operatoria. Mentre la mia famiglia arrivava al policlinico di Catania».
Quando ha saputo che il cuore era di Marta Russo?
«In genere non si deve sapere, la legge non lo consente, ma il suo caso era troppo eclatante, non si parlava di altro in quel periodo nei telegiornali. Anche se io non ne sapevo niente, non ero al corrente della storia. Da quando avevo saputo della vicenda di Nicholas Green, il bambino americano ucciso nel ‘94 sull’autostrada in Calabria, non riuscivo più a guardare la tivù. Ero scioccata. Però, è successo subito qualcosa di bello. Dopo l’operazione, quando mi sono svegliata, mi sono sentita subito bene. Stavo bene. E ho avuto un unico desiderio: incontrare i genitori di Marta. Volevo ringraziarli, ma volevo anche soltanto vederli, conoscerli».
E come è andata?
«Anche loro mi hanno cercata: Donato, Aureliana, Tiziana. Prima li ho sentiti al telefono, poi un anno dopo, a maggio, sono venuti a trovarmi. Un’emozione fortissima. Erano parte di me, eravamo un’unica famiglia».
Domenica, il cuore è solo un muscolo?
«Il cuore è il motore della vita, è la persona. Non c’è mattina che io non mi alzi e pensi a Marta».