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09/05/2025 23:18

Come Prevost è diventato papa Leone XIV: la “resa” del favorito Parolin e la pace in conclave

Il cardinale veneto era ritenuto il candidato più forte per la successione a Francesco. I numeri però gli hanno dato torto. Come si è arrivati al primo pontefice statunitense

di Redazione

Come Prevost è diventato papa Leone XIV: la "resa" del favorito Parolin e la pace in conclave
Come Prevost è diventato papa Leone XIV: la "resa" del favorito Parolin e la pace in conclave

Città del Vaticano – Papa Leone XIV è stato eletto dopo quattro scrutini: due fumate nere e poi quella bianca. Un conclave tutto sommato breve, segno che i cardinali non hanno faticato poi molto nel convergere sul primo pontefice statunitense. Eppure non era il favorito. In molti, moltissimi, attendevano che sul balcone si presentasse l’italiano Parolin. Cosa è accaduto in conclave non è dato sapere, c’è la consegna del segreto e la pena è la scomunica. Però ci sono ipotesi, quelle sì, e voci. Si parla di un passo indietro dell’italiano.  

Un’elezione è sempre un’elezione. C’è un vincitore e uno sconfitto. L’infausto ruolo oggi tocca all’italiano Parolin. Entrato in conclave da super favorito ne esce senza titolo e non è neppure scontato che sia riconfermato come segretario di Stato (le nomine di Bergoglio sono decadute e Prevost deve riassegnare i compiti). Diciamo però che, da quanto filtra, Parolin avrebbe compiuto un elegante passo indietro. Tra lui e Leone XIV ci sarebbe massima serenità. L’averlo voluto accanto, prima della benedizione Urbi et Orbi, indica esattamente questo. Perché ci sono occasioni, certamente questa lo è, in cui ogni gesto conta. Gli elettori erano 133, 89 i voti necessari per diventare papa. Parolin pare partisse da una “dote” che oscillava tra i 40 e i 50 voti. I giorni di congregazioni e poi il conclave non sono bastati a convincere i contrari. A suo sfavore avrebbe giocato l’accordo sulla nomina dei vescovi con la Cina ma hanno pesato anche le divisioni tra gli stessi bergogliani. Decisivi per l’elezione di Prevost sono stati i voti degli asiatici e degli africani, esattamente quelli che sono mancati a Parolin nonostante le voci di un ticket con un altro grande favorito delle prime ore, il cardinale Tagle. Prevost dal canto suo ha avuto delle “carte” importanti. Una di queste ha nome e cognome: Timothy Dolan, il cardinale di New York. Lui era il favorito del presidente americano Donald Trump ma proprio lo “sponsor” così ingombrante è stato controproducente. Allora Dolan secondo quanto trapela si è speso per l’altro americano che già era visto di buon occhio in conclave. Il suo essere “trasversale” – americano a non trumpiano, la famiglia mix di culture, l’esperienza sul campo, la modernità non eccessiva – hanno premiato Prevost. 

“Non sono rimasto del tutto sorpreso – commenta Germano Dottori, consigliere scientifico di Limes – perché avevo appreso che ieri l’ex segretario di Stato Vaticano si era fermato a quota 50, mentre il prelato americano aveva avuto 38 voti già dal primo scrutinio. Per questo, in un post qui su Facebook, avevo sostenuto che stava forse per prepararsi una sorpresa gigantesca. Cosa dire? Abbiamo un americano a Roma, papa Leone XIV, che si è affacciato al balcone con mozzetta e stola, parlando un linguaggio più formale di quello al quale Francesco ci aveva abituato. Leone come il pontefice della Rerum Novarum, o come il predecessore che aveva fermato Attila? Resta il fatto che da stasera sia l’impero che il papato sono in mani americane. E l’invito a perseguire la pace non contraddice affatto gli sforzi di Trump per porre fine alle guerre nell’Est Europa e in Medio Oriente. Prevost non è trumpiano, ovviamente: ma dal cuore della società americana arriva un messaggio coerente che ha ora due interpreti di rilevanza globale”.