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29/01/2024 19:02

Guglielmo Penna: Nessun ricorso di eredi contro esproprio Fornace Sampieri

Parla per la prima volta in pubblico Guglielmo Penna, erede della Fornace, e zittisce tutti: nessun ricorso dei proprietari contro l'esproprio dell'immobile

di Redazione

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Guglielmo Penna: Nessun ricorso di eredi contro esproprio Fornace Sampieri
Guglielmo Penna: Nessun ricorso di eredi contro esproprio Fornace Sampieri

Scicli – Un secolo fa, il 26 gennaio del 1924, un incendio distrugge lo stabilimento di laterizi che il barone Guglielmo Penna aveva costruito al Pisciotto di Sampieri. A ricordare la tragedia che segnò la fine di un’attività industriale e l’inizio di un capitolo di archeologia industriale senza fine, è stato il Pd ragusano promotore di una tavola rotonda tenuta sabato alla “Casa gialla” sul molo di Sampieri.

Come scrive il quotidiano La Sicilia di Catania, a pagina 6 nazionale, nell’edizione odierna, “Ad arricchire la platea è il barone Guglielmo Penna che seppur non invitato, non poteva mancare alla celebrazione di un anniversario che riguarda la sua famiglia a tutt’oggi proprietaria della fornace. L’intento era ascoltare e non certo intervenire, ma quando la responsabilità della lentezza con cui si procede all’esproprio, avviato nel marzo 2022, viene attribuita al ricorso presentato dagli eredi Penna non può fare a meno di prendere la parola: «Buonasera e grazie per l’interesse che viene manifestato per la fornace – afferma davanti a un pubblico sorpreso dalla sua inattesa presenza – ma devo rettificare alcune affermazioni. Come già dichiarato in più occasioni, non abbiamo presentato, né intendiamo farlo, alcun ricorso contro l’esproprio. E non potremmo nemmeno farlo visto che a oggi (e son passati già due anni ) abbiamo ricevuto solo la notifica propedeutica all’esproprio, ovvero notifica dell’avvio dell’iter espropriativo, che come effetto immediato, anziché portare a un tempestivo intervento sul manufatto prima che crolli, ha provocato solo la fuga degli investitori che avevamo, il respingimento da parte dell assessorato del progetto presentato per la valorizzazione della fornace e un dannosissimo stallo per la fornace stessa di ulteriori due anni. A questo punto, per il bene del manufatto che si sta sgretolando, nonostante gli sforzi profusi ma non avendo disponibili che portino a una celere soluzione, siamo talmente favorevoli all’esproprio che volutamente abbiamo ritirato pure il ricorso presentato oltre dieci anni fa al Tar di Catania che in caso di accoglimento avrebbe potuto pregiudicare l’esproprio stesso. Quindi, in sostanza. siamo in attesa come tutti e più di tutti che l’esproprio venga finalmente notificato».

Parole che disorientano i promotori e soprattutto la platea. Perché la cattedrale laica del Pisciotto, grondante di ogni genere di vincolo che ne rende pubblica la fruizione e privati i crolli che da anni si ripetono depauperando il monumento di storia e architettura, rimane a oggi ricettacolo di ogni genere rifiuti, piazza di spaccio di stupefacenti e luogo riservato a coppiette amanti del rischio. Proprio come la mannara immaginata nella fiction del commissario Montalbano, unico motivo reale di attrazione turistica di uno dei luoghi del cuore consacrato dal Fai. E unico caso in cui la fantasia è reale e la realtà “fantasiata”, direbbe Bufalino.

L’on. Di Pasquale, a supporto della validità dell’esproprio ma disinformato sui tempi, cita il caso del Cinema Marino a Ragusa. Esempio sbagliato. Infatti l’acquisizione dello storico Teatro della Concordia, di proprietà del Comune di Ragusa e concesso in enfiteusi alla famiglia Marino, comincia nel 1997, sindaco Giorgio Chessari, padre della legge sui centri storici 61/81 che tentò di utilizzare per restituire alla città un teatro pubblico diventato negli anni un cinema a luci rosse. Nel 2006 a completare quel progetto dimenticato è il sindaco Nello Di Pasquale che lo espropria, o meglio sarebbe dire lo acquista, a circa 2 milioni e 700 mila euro quando ben poco è rimasto dell’edificio storico. Una valutazione consistente, ma l’esproprio è soggetto a parametri specifici che di contro nel 2019 fanno valere la fornace 534 mila euro nonostante anche questa volta, architetti e tecnici che sono intervenuti alla tavola rotonda promossa dal Pd l’abbiano paragonata a «un Picasso che stiamo buttando nel cassonetto». Così l’unica cosa che accomuna teatro e fornace è che stanno cadendo a pezzi. E nel tentativo di spegnere quel piccolo barlume di verità che memoria custodisce, quando lo scaricabarile esaurisce l’elenco di responsabili più o meno presunti, non resta che accusare il colpevole che mai paga, come non fosse responsabilità anch’essa di donne e uomini: la burocrazia”, conclude La Sicilia.