Attualità Roma

I funerali di Michela Murgia, migliaia in piazza del Popolo

Le esequie si sono svolte nella Basilica romana di Santa Maria in Montesanto, la Chiesa degli Artisti

https://www.ragusanews.com/immagini_articoli/12-08-2023/i-funerali-di-michela-murgia-migliaia-in-piazza-del-popolo-500.jpg I funerali di Michela Murgia, migliaia in piazza del Popolo


Roma - I funerali della scrittrice Michela Murgia si sono tenuti nella Basilica di Santa Maria in Montesanto (la Chiesa degli Artisti) in piazza del Popolo a Roma. Il feretro, accolto da un lunghissimo applauso, è arrivato pochi minuti prima delle 15. Ad attenderla c'erano già diverse persone. Alle esequie era presente tutta la famiglia «queer», come la definiva Murgia, e tra gli altri, l'amico Roberto Saviano, la segretaria dem Elly Schlein, Francesca Pascale con la compagna Paola Turci. In chiesa niente fiori, secondo quanto disposto dalla stessa scrittrice, tanto che è stata rimandata indietro anche la corona di fiori del Comune di Roma. Secondo quanto appreso da fonti della famiglia, Murgia non voleva fiori recisi in chiesa. Tutti i cuscini di fiori mandati da diverse autorità sono rimasti fuori sul sagrato. 

È stato il funerale delle donne, la maggioranza a colpo d’occhio nel pomeriggio umido e caldo di mezza estate. Giovani studentesse, signore mature, anziane perfino, sono venute a testimoniare il loro sgomento ma più ancora il loro affetto di lettrici, fan di Michela Murgia. «Il più bello? Accabadora, non ho dubbi» ha detto Denise in punta di piedi. Laureata in scienze politiche con specializzazione in studi di genere Denise ha affrontato questo momento con equilibrato dolore: «la seguivo sui social, la seguivo in televisione ma più di tutto la seguivo attraverso i libri, nella sua scrittura. Ruvida, commovente. Ecco volevo essere anche io qui oggi anche se per rispetto resterò nelle retrovie». Sconforto invece per Chiara, altra lettrice di Michela Murgia che ha mormorato: «lei ci aveva preparato a questo evento ma non si è mai abbastanza preparati». 

Al primo banco la segretaria del Pd Elly Schlein ha pianto. La scrittrice Teresa Ciabatti ha accolto la famiglia di Cabras con un bacio sulla guancia. Alle quattordici e quarantacinque l’organo ha iniziato a suonare mentre don Walter Insero preparava il proprio discorso. Anche l’abbigliamento in questa cerimonia di gente comune e amiche ha detto qualcosa di lei. Gonne a fiori, cappelli, t-shirt con il logo dell’arcobaleno, molte sneakers ma soprattutto sandali. 

Dalla lettura del messaggio di Matteo Zuppi, presidente della CEI: «il libro della sua vita non è finito ed è un libro che Michela ha scritto per passione». Mentre don Ivan l'ha ricordata per quella sua preoccupazione «per gli altri prima che di sé stessa». E ancora: «Michela aveva condiviso un suo pensiero sul passaggio del Vangelo di Giovanni in cui si parla della porta attraverso la quale passare ad una vita eterna. La soglia per Michela era qualcosa da superare. Lasciamoci provocare dalla fede di Michela». Nell'omelia don Insero ha detto: «Michela è nel viaggio verso il Padre, non verso il nulla. Michela ha fatto tante battaglie, vi invito ad accogliere la testimonianza di fede che ha avuto nella prova, nella sofferenza dura che ha vissuto. Michela non ha mai avuto timore di testimoniare la sua fede. È possibile amare nel dolore, è possibile amare tutti e riconciliarsi con tutti. Chi ha avuto modo di vivere con lei gli ultimi momenti ha visto una donna affidarsi a Dio, non ha mai avuto timore di mostrare la sua fede». 

Saviano: «Sono disperato. Ci lascia il compito di difendere i diritti»
A conclusione della celebrazione alcuni amici hanno voluto testimoniare un ricordo: «Sono le parole più difficili della mia vita. Michela voleva che questa giornata fosse per tutti. Vedendo quanta gente e quanto amore c'è in questa chiesa non posso darle torto. Michela mi disse: «cosa mi perderò, immagino il casino del mio funerale». Lei sapeva che dietro un aggettivo c’era il modo di criminalizzare la realtà. La scrittura era per lei una grande fatica, anche se batteva velocemente i tasti e sembrava che suonasse. Perché impiegava troppo tempo da sola. Per lei era la condivisione il senso di tutto. Quando qualcosa non andava ripeteva «non stare solo vieni qui». Non essere soli e non far sentire soli sintetizza il suo pensiero. Riconoscere le differenze è il primo atto per non stare soli. Ha protetto tutti fino alla fine. Anche nei suoi ultimi atroci momenti non ci ha fatto pesare il suo dolore. Io e Michela ci siamo conosciuti e uniti non per quello che abbiamo fatto, ma per quello che ci hanno fatto. Michela per anni è stata bersaglio e ha nascosto questo enorme dolore dentro di sé. A farle più male non sono stati gli odiatori mediatici ma quanti avevano un piede dentro e uno fuori, chi non prendeva posizione», così l'ha ricordata Roberto Saviano. Lo scrittore all'uscita dalla Basilica ha aggiunto: «Michela lascia un compito agli intellettuali: difendere i diritti, scegliere da che parte stare, perché i diritti sono il più grande canto d'amore possibile. Michela ha portato sulle sue spalle quello che spesso non fa la politica: prendersi cura della cosa pubblica». Mentre oltre un migliaio di persone hanno intonato «Bella ciao» fuori dalla chiesa.


© Riproduzione riservata