Modica - “L’arte è gelosa. Partendo da certi “dati” che non dicono nulla, essa, con la forza di una accesa fantasia, traccia un secondo universo dove gli eventi si svolgono nudi, con ritmo accelerato. L’artista deve amare gelosamente la vita, cioè diffidare dalle apparenze del quadro e, scostandosene, intravedere al di là delle figure o del soggetto qualcosa che nessuno di sogna d’indovinare”. Questo assunto del grande scrittore russo Andrej Sinjavskij, morto esule a Parigi nel 1997, coincide con il mondo visionario di Vincenzo Pitino che ha pubblicato una elegante monografia, a cura di Maddalena Migliore, che racchiude le sue opere dal 2019 al 2023.
L’opera ha una prefazione di Francesco Lucifora che, con estrema competenza, introduce alla lettura delle cinque sezioni della monografia: Monadi, Vapori, Vertigini, Preludi, Radicanti; ognuna delle quali, pur restando dentro i confini espressivi dell’artista, racchiude opere che hanno sfumature e, forse, intenzioni diverse: per metà illuminati per metà in ombra, cieli scoscesi piuttosto che esplosioni primordiali, mari appena contaminati o profondità illeggibili, macchie solari o agitati venti di superficie.
Le opere di Vincenzo Pitino utilizzano forme senza spigoli. Sono colori, trame, segni gestuali che sulla tela lasciano un forte impatto emotivo. Lacerazioni di colori che aprono orizzonti inquieti, sofferenze che emergono sulla tela come per lasciare una traccia di mondi sconosciuti. I colori si espandono liberi, isolati o compatti, mostrando una ricca sostanza emotiva: una sorta di sentimento dolente del vivere, proprio di chi ha conosciuto a fondo la vicenda dei giorni e il vago senso di provvisorietà della vita. Sicché sulle tele approdano colori contrastanti, superfici violentemente lacerate o correnti marine affioranti su un mare immaginario, ma anche rari approdi sereni, punti di luce che emergono da universi illusori apparentemente, o forse realmente, senza fine.
In questo contrasto infinito di colori, in cui il fascino dell’arte incontra l’inquietudine del vivere e dove la concatenazione dei vari elementi pittorici si dilata e si sovrappone su luoghi collocati in altri tempi e in altri spazi, dove c’è tutto tranne la rappresentazione della realtà visiva, non si può non leggervi il mistero dell’esistenza: l’elemento di enigma e di indagine che attraversa diametralmente i suoi quadri e che, come per ogni vera opera d’arte, si associa al mistero della vita.
L’opera di Vincenzo Pitino, nato a Modica nel 1955, laureato in Medicina e Chirurgia nel 1982 e specializzato in Odontostomatologia nel 1986, può degnamente rappresentare quell’insieme dei movimenti e delle tendenze artistiche contemporanee che indagano nuove forme d’arte, influenze e tecnologie globali. La sua opera esplora l’ignoto e, forse inconsapevolmente, i temi complessi dell’identità dell’arte creando opere che, osservandole, ci fanno interrogare sulla nostra esistenza e sul suo significato. Quadri che esprimono aspetti misteriosi e paradossali, spesso insondabili, che riflettono lo smarrimento e l’angoscia dell’uomo moderno di fronte al mistero dell’esistenza, invitandoci a interrogarci e a immergerci nell’ignoto, rendendo così l’arte un veicolo per esplorare il mistero della nostra stessa vita.