di Ansa
PALERMO, 05 APR ROSA CASANO DEL PUGLIA: L’EDITTO
DI ESPULSIONE DEGLI EBREI DALLA SICILIA, 1492 (MOHICANI
EDIZIONI, 138 PAGINE, 12 EURO)
I segnali ostili nei confronti degli ebrei di Sicilia c’erano
già stati a partire dal 1474. Ed erano stati messaggi
terrificanti con assalti alle giudecche, caccia al “giudeo” e
perfino stragi: la più grave a Modica dove si contarono 360
vittime. Poi arrivò l’editto di Ferdinando il “cattolico”,
voluto dall’inquisitore Torquemada, che ordinò la cacciata degli
ebrei dalla Sicilia. Venne colpita una comunità di 35 mila
persone, costrette a lasciarsi tutto alle spalle, ma grandi
furono i danni per l’economia e la società siciliane.
Proprio questo è il tema che Rosa Casa Del Puglia
approfondisce nel volume “L’editto di espulsione degli ebrei
dalla Sicilia”, Mohicani edizioni. La cacciata colpiva un popolo
pacifico e bene integrato: gli ebrei di Sicilia gestivano
fattorie e industrie dello zucchero e del formaggio, lavoravano
il corallo, erano provetti artigiani e professionisti, molti
erano medici. Rispettavano le leggi, pagavano le tasse e come si
legge nei documenti delle autorità locali non praticavano
l’usura e non volevano convertire i cristiani. Le stesse
magistrature non avevano trovato eresie e “scandalo nella
professione della fede cattolica”. La loro partenza, più volte
rinviata, era un doloroso distacco dalla propria storia e dai
propri beni e comportava per la Sicilia una perdita molto grave.
Per evitare di affrontare il dramma della cacciata molti si
affrettarono a convertirsi. Dagli stessi cattolici e dai
magistrati partirono richieste per rivedere una decisione così
ingiusta. Agli ebrei fu solo riconosciuto il diritto di essere
compensati per la cessione dei loro beni e dei loro patrimoni,
che intanto avevano perso valore. Tutti quelli che lasciarono
la Sicilia furono costretti a pagare non solo le spese di
viaggio ma anche una “tassa di uscita” per compensare le perdite
dell’erario. (ANSA).
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