Le strutture siciliane ne sono zeppe, ma i farmaci bypassano i credi religiosi
di Redazione

Palermo – È stato uno degli argomenti caldi della campagna elettorale della destra, eppure le interruzioni volontarie di gravidanza sono in continuo calo in Italia: dal picco di 234.801 del 1983 alle 66.413 del 2020, il dato più aggiornato del ministero della Salute. Una discesa del 9,3% rispetto al 2019 registrato in tutte le aree geografiche del Paese, soprattutto al Sud e sulle Isole. Le Regioni in cui si è registrata la riduzione maggiore nel numero assoluto di aborti sono, nell’ordine: Valle d’Aosta, Basilicata e Sicilia; seguono Puglia, Lombardia e Sardegna. Diminuiscono soprattutto tra le madri giovanissime, mentre restano più elevati nelle donne tra 25 e 34 anni.
Un trend, osserva il dicastero, in parte riconducibile all’aumento delle vendite dei contraccettivi di emergenza a seguito delle tre determine Aifa, che hanno eliminato l’obbligo di prescrizione medica per l’Ulipristal acetato (ellaOne) noto come “pillola dei 5 giorni dopo” e per il Levonorgestrel (Norlevo), noto come “pillola del giorno dopo”. I temi più controversi riguardano l’accesso al diritto e il fenomeno dei medici obiettori di coscienza. Il 64,6% dei camici bianchi si rifiuta per motivi religiosi o morali di praticare aborti, quasi due su tre (erano il 67% nel 2019). Una “incoscienza” immemore del fenomeno delle mammane, che riguarda pure gli anestesisti (per il 44,6% del totale) e il personale non medico (36,2%).
Un rifiuto ammissibile fino a un certo punto nei nosocomi privati, sebbene riccamente sovvenzionati dalle casse pubbliche: uno scandalo, invece, per le strutture pubbliche di uno Stato costituzionalmente laico. Le cifre, infatti, si ripercuotono sensibilmente nell’effettiva fruibilità dell’intervento sancito da una legge, la famosa 194. Secondo una ricerca presentata a maggio alla Camera dall’associazione Luca Coscioni, su oltre 180 ospedali e consultori che dovrebbero garantire l’interruzione volontaria di gravidanza, ci sono 31 strutture con il 100% di obiettori tra ginecologi, anestesisti, infermieri e assistenti sanitari ausiliari che impongono un’ideologia confessionale a chi legittimamente non ci crede.
Considerando ambulatori e presìdi con una percentuale superiore al 90%, si arriva a 50; e si sale a 80 contando quelli con un tasso di obiezione superiore all’80%. Professionisti pagati dai contribuenti che calano etiche derivate da testi “divini” su scelte intime, sofferte e insindacabili di decine di migliaia di donne. Risultato: in quasi metà delle strutture esaminate è praticamente impossibile abortire. Altra questione l’utilizzo della Ru486, approvata 10 anni fa tra mille polemiche e ancora utilizzata a singhiozzo negli ospedali, malgrado la somministrazione precoce eviti rischi operatori. Il suo utilizzo sta crescendo: nel 2020 il 35% delle operazioni sono state effettuate con metodo farmacologico e la pillola è stata adoperata nel 32% dei casi, rispetto al 25% del 2019 e al 20,8% del 2018.
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