Attualità
|
25/11/2023 10:53

25 novembre :arcivescovo Palermo, vicino a strazio guerra

di Ansa

25 novembre :arcivescovo Palermo, vicino a strazio guerra
25 novembre :arcivescovo Palermo, vicino a strazio guerra

“Oggi in tutta Italia ci
interroghiamo su Giulia. Sento dentro di me un dolore profondo.

   
Un dolore di padre e di fratello. Perché Giulia è per ognuno di
noi oggi figlia e sorella. Sento lo strazio di questo omicidio
crudele, che ha ferito a morte i familiari e gli amici. Avverto
lo sgomento dei genitori di chi ha ucciso e spero per lui un
processo di intima consapevolezza del male terribile che ha
compiuto, ergendosi a padrone della vita di una giovane donna di
cui ha stroncato i sogni e oscurato il sole”. Lo afferma
l’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, nel suo messaggio
per la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

   
“Sento – aggiunge – che questo strazio è vicino allo strazio
della guerra. Perché chi decide di fare la guerra non ha sanato
in sé la frattura tra maschile e femminile, tra l’icona del
potere e l’icona della vita. Fino a ieri, proprio nella nostra
Palermo, con altrettanto sgomento ci interrogavamo su ‘Asia’,
stuprata al Foro Italico come una preda. Cito Giulia e Asia
insieme a tutte le altre donne, vittime delle quali non
ricordiamo il nome, così come non sappiamo e forse non teniamo
nel cuore il nome delle centinaia di donne oltraggiate dallo
stupro, delle migliaia che ogni giorno sono vittime di violenza
e maltrattamenti in famiglia, sul lavoro, nei loro tragitti
quotidiani, nelle relazioni affettive”.

   
“Il 25 novembre, la Giornata internazionale contro la
violenza sulle donne – osserva l’arcivescovo di Palermo – arriva
per noi oggi in questo contesto, ed è come un appello pressante
ad abbandonare ogni retorica. Le storie di Giulia, uccisa da
Filippo, di Carmela, di Roberta, di Asia, oggi devono ricordarci
solo una cosa: non c’è una casa, una scuola, una famiglia o una
cerchia di amici che possa considerarsi al riparo, immune dal
rischio di un delitto frutto di un collettivo fallimento
culturale ed educativo. Non si tratta di accompagnare i figli
maschi, ma di accompagnarci tutti assieme verso un modo diverso
di vivere le differenze, ritrovando la forza dell’essere
comunità, del non rimanere isolati e privi di autentico
confronto”.