Attualità
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23/10/2022 22:21

Platimiro Fiorenza, l’ultimo “mastru corallaru” tesoro umano vivente

La figlia Rosadea: “Facciamo come i bimbi con le nuvole, guardiamo un ramo e ci abbandoniamo all’immaginazione”

di Redazione

Platimiro Fiorenza, l'ultimo “mastru corallaru” tesoro umano vivente
Platimiro Fiorenza, l'ultimo “mastru corallaru” tesoro umano vivente

 Trapani – In Sicilia sin dal ‘400 si è creato uno strettissimo legame con il corallo, con i maestri corallai trapanesi che ne hanno fatto il gioiello rosso per eccellenza del Mediterraneo. Proprio a Trapani Il Fatto Quotidiano è andato a far visita al laboratorio di Platimiro Fiorenza, l’ultimo “mastru curaddaru” inserito dall’Unesco nell’elenco dei Tesori Umani Viventi tutelati, riconoscendogli il merito di preservare e tramandare l’antica arte della lavorazione di questo materiale unico ai giovani discepoli che bazzicano la sua bottega. Il suo braccio destro è la figlia Rosadea (insieme nella foto), che ne ha seguito le orme. La storica gioielleria fondata nel 1921 dal nonno Pasquale, con cui il padre iniziò a soli 7 anni a fare le prime incisioni, è uno degli oltre 100 luoghi della moda che questo weekend sono aperti al pubblico nell’ambito dell’iniziativa ApritiModa, ideata per rivelare il “dietro le quinte” del comparto del lusso.

Nel 2021, infatti, Platimiro Fiorenza ha realizzato un’esclusiva borsa interamente in corallo per Fendi (foto allegata). “Ci sono voluti 5 mesi di lavoro, è stata una bella sfida – ricorda Rosadea -. Il corallo è fragile e delicato come il vetro, basta un attimo perché vada in frantumi, serve una precisione minuziosa nelle mani e tanta pazienza”. Da un ramo di corallo, maneggiandolo quasi con venerazione, Platimiro è in grado di forgiare vere opere d’arte, come la “Madonna di Trapani” in oro, corallo e pietre preziose donata nel 1993 a Giovanni Paolo II, esposta oggi ai Musei Vaticani. O l’acquasantiera – sempre in oro, corallo e preziosi – realizzata per Papa Francesco. Oltre a diademi, corone e addirittura presepi creati su commissione da collezionisti e antiquari internazionali, da Palermo a New York. “Giovanissimo andò a fare gavetta a Milano – racconta ancora la figlia -, dove collaborò tra gli altri con il grande scultore Giò Pomodoro. Quindi è tornato qui a Trapani e ha messo in pratica tutto quello che aveva imparato”.

Negli anni ’60 e ’70 si è battuto per regolamentare la pesca del corallo, denunciandone le pratiche vandalistiche, ed “è stato anche grazie a lui se ora ci sono norme che ne tutelano la raccolta”. È proprio dal ramo di corallo, infatti, che ha inizio la magia: “Io e mio padre facciamo con il corallo quel che i bimbi fanno con le nuvole: ogni volta che prendiamo in mano un ramo lo osserviamo e ci abbandoniamo all’immaginazione, intagliando ciò che la forma ci suggerisce. Molti rami sono così belli già di per sé che non li tocchiamo nemmeno, ci limitiamo a impreziosirli: è la natura a fare le migliori opere d’arte”. Nel 2012 Rosadea ha ideato il progetto RossoCorallo: una galleria museale dentro la bottega di famiglia per far conoscere questo pezzo di storia della gioielleria siciliana. Anche lei adesso è custode di un sapere artigianale e identitario, affidatole da bambina.