Roma - Era un po' come la Shakespeare and Company di Parigi. Con i suoi quarantamila volumi nel grande negozio nel cuore della Capitale, in via della Vite, la Anglo-American Book è stata per settant'anni soprattutto un punto di riferimento per lettori di lingua inglese provenienti da tutto il mondo. Ora, a un anno dalla morte del suo fondatore, Dino Donati, la figlia Cristina, titolare, annuncia la chiusura definitiva tra pochi mesi, a fine dicembre. E questo dopo un ridimensionamento, causa insostenibilità dei costi, avvenuto solo due anni fa con il trasferimento a un altro numero civico della stessa strada a due passi da Piazza di Spagna: al primo piano di una palazzina, in un locale molto più piccolo che ha potuto ospitare solo seimila volumi.
«Sono passate di qui decine di persone famose: ricordo il presidente Giorgio Napolitano, Leonardo DiCaprio, Mel Brooks, Cher: chiudemmo il locale solo per lei. E ancora Anna Galiena, Renzo Arbore», racconta Cristina Donati, sfogliando uno spesso raccoglitore pieno di dediche e firme degli ospiti della libreria. C'è anche quella di Alberto Angela con tanto di schizzo che raffigura un uomo di un tempo incidere lettere con lo scalpello su una pietra e la frase: «cercavo un libro nell'antica Roma e ne ho trovati tanti! Complimenti!". Tra le firme compaiono anche quelle della scrittrice Shirley Hazzard, del chitarrista Peter Van Wood, dello scrittore Paulo Coelho, dell'attrice Irene Papas, della modella Pat Cleveland, dell'attore Jack Scalia, dello stilista Roberto Capucci, dello scrittore Michael Cunningham, del regista Lasse Hallström e ancora quelle di Serena Dandini, Paolo Guzzanti, Fiorello, Raul Cremona.
«Un giorno entrò un magnate americano. Ne preannunciò l'arrivo il suo segretario: ci chiese se potevamo vendere una certa quantità di libri. Rispondemmo 'Ma magari una bella quantità di libri!'. Nel pomeriggio il suo capo si presentò: spulciò tutti gli scaffali per ore fino a fare una spesa di quattromila euro. Abbiamo detto: 'Quando torna?', non è più tornato», ricorda Cristina ridendo. «Mio papà ha lavorato fino all'ultimo giorno della sua vita - conclude -. Io sono in pensione: ho fatto questo lavoro qui dentro per 42 anni. I costi dei libri importati sono altissimi e anche in questo locale l'affitto ormai è troppo oneroso. Abbiamo deciso di salutare e ringraziare tutti a fine anno».