di Ansa

GIUSEPPE SAJA: STORIA DI UN SODALIZIO
(SCIASCIA EDITORE, 91 PAGINE, 10 EURO)
Un carteggio che riaffiora dopo oltre sessant’anni racconta,
con le parole dei protagonisti, la storia di un rapporto umano e
intellettuale tra Leonardo Sciascia e lo scrittore Antonio
Castelli. Il loro era un vero e proprio “sodalizio”. Così lo
definisce già nel titolo, “Storia di un sodalizio” un libro di
Giuseppe Saja (Salvatore Sciascia editore) promosso dalla
fondazione Mandralisca di Cefalù in occasione dei cento anni
dalla nascita di Castelli.
Saja ha recuperato un piccolo carteggio tra i due scrittori
(otto lettere scambiate tra il 1961 e il 1963) che si apre
quando Sciascia offre all’amico consigli sulla stesura finale
della sua prima opera, “Gli ombelichi tenui”. La corrispondenza,
che si mantiene su un registro molto discreto, illumina anche la
fase preparatoria della seconda opera di Castelli, “Entromondo”,
pubblicata nel 1967. In questi lavori si racchiude lo stile di
Castelli impegnato a raccontare i siciliani “senza galloni e
senza araldica”: il contadino, il pescatore, il paesano, i
protagonisti cioè di un mondo avviato già negli anni Sessanta
verso un inesorabile declino.
Castelli esprimeva una visione, che a Sciascia era piaciuta
molto, su un “Paese come cosmo”. Dall’amico aveva poi ripreso
l’idea di un “ordine bioetnico delle somiglianze”. Per Sciascia
tutti i volti e tutti i ritratti di personaggi, compresi quelli
raffigurati in opere come l’ignoto di Antonello da Messina
custodito al museo Mandralisca, si possono adattare al gioco
delle somiglianze. “A ciascuno – scriveva Sciascia – si possono
adattare tutte le definizioni che sono state date dei
siciliani”.
Castelli, che era di Castelbuono un borgo delle Madonie, era
molto legato a Cefalù che nel 1986 gli conferì la cittadinanza
onoraria. Di lì a poco la sua vita, così lontana dalle mode e
dai riflettori, sarebbe stata spezzata da una drammatica scelta
personale. Sciascia fu colpito dalla morte dell’amico giunta
dopo l’uscita di un volumetto (“Passi a piedi passi a memoria”),
ultimo “tentativo di fuga da una condizione di solitudine, di
disperazione”.
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