Clima e cemento stravolgono il naturale equilibrio del sistema costiero siciliano
di Redazione

Ragusa – Il litorale italiano è il quattordicesimo più lungo del mondo e il quinto più lungo in Europa ma da solo detiene il 40% di tutte le coste balneabili del continente. Purtroppo Il 50% delle spiagge sabbiose del belpaese è in fase di erosione e nell’ultimo mezzo secolo abbiamo già perso circa 1.700 chilometri su circa 8.000 complessivi di litorale, di cui 3.770 di coste basse sabbiose. Un fenomeno di “artificializzazione” che ha alterato la naturale dinamica litoranea, già evidenziato già l’anno scorso da Ragusanews nell’inchiesta su “l’Isola che si restringe”, e ribadito ora da uno studio elaborato da Legambiente su dati del ministero: non è colpa solo dell’avanzata del mare da fuori, dovuta ai cambiamenti climatici; ma anche della cementificazione da dentro, di cui l’uomo è altrettanto responsabile.
Tra insediamenti urbani, porti, attività la maggiore densità di popolazione residente sul mare (più che doppia rispetto all’interno) tra il 1970 e il 2020 è aumentata esponenzialmente l’erosione delle nostre coste ad opera di nuovi edifici e infrastrutture. Le percentuali sottolineano un profondo dislivello tra Nord e Sud, con picchi fino al 60% in Sicilia e Calabria. Ad oggi ci sono circa 1.300 km di opere rigide che ingabbiano i bordi dello Stivale nonostante da almeno 30 anni siano realizzati interventi “morbidi”, di ricostituzione dei bagnasciuga mediante ripascimenti, cioè dragaggi di sabbie marine relitte: a quanto pare l’alterazione della dinamica litoranea accelera la dispersione dei sedimenti apportati. Monitorare i processi in corso è un prerequisito ineludibile per tutelarli.
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