Suore di clausura in fuga dal convento, l'ex badessa: «In 4 scrissero al papa che le maltrattavo. Solo calunnie, pronta a fare causa»
di Redazione

Vittorio Veneto, Treviso – Suor Aline Pereira Ghammachi si trova fuori città per motivi personali. L’ormai ex madre abbadessa, finora la più giovane in Italia, ha acconsentito a parlare, per fare luce sulla vicenda che l’ha costretta a rinunciare al suo ruolo di guida del monastero di clausura e alla defezione di altre consorelle, fuggite per solidarietà nei suoi confronti, ma anche stanche delle vessazioni che hanno dichiarato di aver subìto.
Ci può spiegare cosa è successo per arrivare alla sua destituzione e alla decisione delle altre suore di scappare letteralmente dal convento? «La vicenda dura ormai da due anni. È iniziato tutto con una lettera, che quattro delle suore che vivevano nel convento hanno inviato a Papa Francesco, dove venivo accusata di maltrattare le sorelle e altre calunnie prive di fondamento. La lettera è poi stata inviata al Dicastero che ha provveduto al commissariamento. Tengo a precisare che tutte le accuse rivoltemi nella lettera sono state smentite dalle altre suore presenti in convento. Ma l’errore della commissione preposta ad asseverare la verità è stato forse quello di non verificare l’oggettività delle accuse stesse, provvedendo alla mia destituzione il lunedì di Pasquetta e provocando un vero e proprio terremoto all’interno dell’Istituto da me guidato».
Cosa succede adesso? Ci saranno altre defezioni?
«Per il momento siamo veramente scosse e profondamente turbate da tutto ciò che è successo. Le sorelle che hanno deciso di andarsene lo hanno fatto, come dichiarato, in seguito alle pesanti vessazioni subite, che hanno azzerato il clima sereno che era il volano della nostra attività, non solo di lavoro e di preghiera nello spirito benedettino, ma anche di assistenza sociale nel territorio».
Quali attività avete portato avanti in questi anni?
«L’orto gestito dalle persone con disabilità, il miele, le creme lenitive, la serra con l’aloe, il vigneto: questo per quello che riguarda il lavoro dentro al monastero. Ascoltavamo ogni giorno persone sole, donne in difficoltà, cercavamo nel nostro piccolo di aiutare la comunità di cui facevamo parte. Si è interrotto un equilibrio che era volto a fare del bene, in armonia. Mi piange il cuore al solo pensiero che tutto questo possa essere interrotto per delle calunnie infondate».
C’è una speranza che tutto possa risolversi?
«La speranza non deve mai venire meno. Ce lo ha detto molte volte anche papa Francesco. Quello che desidero assieme alle consorelle è che venga fatta piena luce sulla vicenda e che la verità prevalga sulla menzogna. Sono stata attaccata ingiustamente e voglio che tutta la verità venga fuori. Ho dedicato tutta la mia vita al mio percorso religioso ed ora lo vedo distrutto senza che ci siano delle prove contro di me. Mi chiedo come si possa commissariare un convento senza nessuna prova concreta. Se le prove ci fossero, vorrei che venissero prodotte. Altrimenti il mio scopo è, e sarà, quello di perseguire la verità ad ogni costo, come ho sempre fatto nella mia vita».
Anche eventualmente per vie legali?
«Si. Assolutamente si. Non è giusto che per le affermazioni senza prove di persone senza scrupoli, io debba pagare un prezzo così alto. Hanno distrutto quello che ho costruito con grandi sacrifici in tutti questi anni in armonia con il Creato e le mie consorelle. Questo non è giusto sul piano umano (e civile). Andrò avanti fino a quando non verrà fuori tutta la verità. Questo non mi discosta dal mio amore per Gesù e il mio prossimo. La mia missione sarà quella di affermare la verità e poi sarà fatta la volontà di Dio».
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