L'inviata di Ragusanews a Venezia, Martina Giannone, recensisce i film della Mostra del Cinema
di Martina Giannone

Venezia – Marilyn Monroe, ovvero “Blonde“, alla Mostra del Cinema di Venezia. Il nuovo film di Andrew Domink, distribuito in Italia da Netflix il 28 settembre, sarà uno dei film dell’anno.
Se entriamo nell’ottica che i Biopic vanno di moda in questi ultimi anni (pensiamo a Spencer di Pablo Larràin dello scorso anno, presentato prima a Venezia e poi agli Oscar) non possiamo avere dubbi: Blonde sarà uno dei film più chiacchierati dell’anno. Diversi sono stati i film, i documentari, i libri, realizzati sulla storia di questa enigmatica star del cinema; ogni autore pone il suo punto di vista e ciò che lui crede sia successo. Ma così successo in realtà? Marilyn è una vittima? Tanti sono i punti di domanda che sicuramente, mettiamoci l’anima in pace, non verranno risolti adesso che sono passati sessant’anni. Una cosa è certa: c’erano due persone, Marilyn Monroe e Norma Jeane.
Il film, molto meticoloso, segue la cronologia della vita di Norma Jeane, da quando da bambina si vede privata della figura del padre, assenza ridondante in tutto il film, a quando da adulta è circondata da uomini ma nessuno che riesce ad amarla veramente. Il primo trauma infantile è l’essere stata abbandonata “non voglio andare in orfanotrofio, non io non orfana. Io ho una madre e un padre” dice piangendo la piccola Norma Jeane, e come più volte dichiarerà nella interviste “non sono un’orfana, sono una trovatella”.
I temi principali del film sono lo sfruttamento, dell’abbandonando e della solitudine. Il ritratto che emerge è una donna ingenua ma intelligente, debole ma forte nel sapersi rialzare dopo ogni caduta. In queste tre ore di film, il regista racconta il lato oscuro dei riflettori. Le figure orride e deformi che inseguo la vita di Marilyn soffocandola, provocandole ansia e angoscia. All’apice del suo successo, durante la premierè del film “Gli uomini preferiscono le bionde”, Norma Jeane piange tra il pubblico “oh, papà, ti giuro, quella non sono io”.
Il rapporto di Marilyn con gli uomini della sua vita è sempre stato controverso, tormentato e violento. Violento dal punto di vista fisico, ripetutamente è stuprata o picchiata, ma anche psicologico, come quando scopre i famosi appunti del marito dove la chiama “puttana”.
C’è un raggio di luce nella vita di questa donna? Gli unici momenti in cui Norma Jeane è felice è quando rimane incinta. Il suo più grande desiderio è avere un bambino, ma mai riuscirà a diventare madre. Nel film ci sono più di due aborti, alcuni forzati, altri per incidenti. Nella vita reale Marilyn ha abortito più di quattordici volte.
Il finale? Non vi svelo troppo, basta solo dire che è giusto, coerente sia con la storia reale che con il film stesso.
Blonde è sicuramente un film angosciante. Non lo consiglierei con la prospettiva di trascorrere una serata tranquilla, né come visione rilassante del dopo cena. È un film che ti smuove qualcosa dentro: disgusto, amarezza, paura, tristezza. La censura americana (il fim è vietato ai minori di diciassette anni) è stata prevista per via delle scene di nudo presenti e principalmente per la scena del rapporto orale tra il Presidente Kennedy e Marylin (che sfocia anch’essa in una violenza).
Il montaggio è magnifico, lento ma affascinante e ipnotizzante. Lo schermo muta di scena in scena: 4:3 si passa ai 16:9, dal bianco e nero ai colori. Questi passaggio donano alla fotografia del film un’esattezza storica stupefacente: il regista ha ricreato, scena per scena, le fotografie che raffigurano Marilyn, dunque quando le foto sono in bianco e nero, le scene sono in bianco e nero, viceversa a colori. Oltre a ciò, quasi sempre i momenti di calma e felicità sono rappresentati con immagini a colori, quelli di tristezza o quando sta per succedere qualcosa di brutto sono rappresentati in bianco e nero. Lo schermo si allarga e si restringe in base al momento della storia, tutti questi cambiamenti mutevoli donano al film una fotografia unica nel suo genere, degna di un film d’autore.
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