Tribunale di Firenze: ospedale Meyer dovrà risarcire un ragazzo, oggi 16enne, i suoi genitori ed il fratello maggiore per 3.7 milioni
di Redazione
Firenze – Tre milioni e 700 mila euro di risarcimento, tra danni e spese legali. A questa cifra ammonta il risarcimento che il Tribunale di Firenze ha deciso per l’ospedale Meyer, con l’obiettivo di risarcire un ragazzo, oggi 16enne, i suoi genitori ed il fratello maggiore. Il motivo è legato al fatto che il giovane, quando aveva 4 anni, era stato operato per due volte, a distanza di qualche anno, per una presunta rara forma tumorale al cervello che gli provocava alcuni sintomi piuttosto gravi, tra cui crisi epilettiche continue. Ma, nonostante le cure, il bambino è rimasto completamente invalido. La famiglia, quindi, ha deciso di avviare un processo contro l’azienda ospedaliera scoprendo, in seguito alle indagini, che il bambino non aveva nessun tumore, ma un’infiammazione cerebrale e che l’intervento chirurgico con la rimozione parziale o totale del lobo temporale del cervello, non andava eseguito. Ma bastava procedere con terapie farmacologiche. Nel calcolo del risarcimento, segnala “Il Tirreno” è stato inserito anche il danno riflesso subìto dalla stessa famiglia del giovane, costretta a privarsi di “una normalità e serenità nei rapporti quotidiani” con il figlio, segnato a vita dagli errori dei medici.
Dunque, secondo quanto emerso, per ben due volte i genitori del ragazzo hanno creduto di combattere contro una neoplasia che in realtà non esisteva. E la risposta chirurgica proposta si è rivelata invasiva e dannosa. Quelle operazioni, hanno spiegato i giudici, potevano essere sostituite con una cura farmacologica e non aver scelto di portare avanti quello specifico percorso medico ha inciso sulla salute del bambino, oggi adolescente, rendendolo tetraplegico in stato vegetale. La consulenza medica utilizzata dal Tribunale ha, dunque, attribuito ai medici del Meyer l’ipotesi errata “di una natura tumorale della lesione cistica mentre non fu presa in minima considerazione l’ipotesi che potesse trattarsi di un esito della pregressa encefalite erpetica”. Nel corso della causa è emerso come, prima di procedere all’intervento, i sanitari “avevano la possibilità di approfondire il quadro clinico e d’imaging attraverso un appropriato raccordo anamnestico e strumentale”. E, inoltre, che “la decisione di intervenire chirurgicamente con un intervento altamente aggressivo e demolitivo era stata presa in modo superficiale”.
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