Note di Notte Festival
di Pilato Savà

Acate – “Dedico una canzone a Lelio Luttazzi, un uomo sfortunato. Ai suoi tempi per campare non bastava fare musica. Bisognava cimentarsi in altro. Io sono fortunato. Vivo facendo musica. Quelli della generazione di Luttazzi sono stati costretti a volte a cambiare mestiere. Penso a un altro cantante di quella generazione: Silvio Berlusconi. E’ stato costretto a fare altro per sopravvivere”. Con Stefano Bollani va così: si ha l’impressione che sia inesauribile. Nonostante abbia già suonato per due ore, si ha la sensazione che possa continuare a farlo ancora, a ruota libera, incatenando un brano all’altro con la verve, l’estro e la fantasia di un grande showman.
Con Bollani va così: si resta incantati dal talento straripante, stupefatti dalla ricchezza di suoni e di timbri del pianoforte sotto le sue mani, affascinati dagli arrangiamenti sempre nuovi dei brani più noti e dalla vis di quelli meno noti.
Con Bollani va così: non è ancora uscito di scena e già si sta pensando a quando si avrà occasione di appaludirlo nuovamente.
Ospite di Note di Notte alla Cantina Valle dell’Acate, con quell’aria da ragazzaccio, i jeans strappati, la cascata di ricci e la battuta pronta, Stefano Bollani sembra uno di famiglia.
Artista richiestissimo in ogni parte del mondo, siede al piano e mette subito in chiaro di essere un pianista eccellente, al di là della simpatia.
Alterna standard jazz a sue composizioni. Lega insieme Sting, Krzysztof Komeda e Charles Trenet. Inciampa in un monitor e ironizza sulla morte avventurosa di tanti musicisti. Rivolge un pensiero e un omaggio a Lelio Luttazzi. E arriva il momento del bis, senza la formalità di uscire di scena e di rientrare dopo gli applausi.
Come è ormai sua abitudine, Bollani tira fuori carta e penna e raccoglie le richieste del pubblico. Compila una lista di quattrodici brani che vanno da “Estate” a Tico Tico”, da “I’ve got you under my skin” a “Besame mucho” passando da “Crudelia de Mon” e arrivando fino alle canzoni “che ho scritto per alcuni cantanti – dice – che però non le cantano mai”.
I brani, esilaranti falsi d’autore, sono “Lo gnomo e lo struzzo”, “Hai mai letto Kundera” e “Copacabana”, divertentissime parodie di Angelo Branduardi, Franco Battiato e Paolo Conte. Il concerto è finito, ma il pubblico lo richiama sul palco altre due volte. Senza divismi, proprio come uno di famiglia, Bollani siede ancora al piano e continua a suonare e divertire, con naturalezza e apparente leggerezza.
“Al di là delle distinzioni di genere musicale o di scelte stilistiche, il piano è la mia vita – dice dietro le quinte – e, come nella vita, un momento si è tristi e il momento dopo si è allegri. Una volta si medita e la volta dopo si ride. Non potrei suonare diversamente da come vivo”.
Per il Nonsolofestival, la galleria Spazio Forni ha esposto opere di Mirko Baricchi, Giovanni Motta e Virglio. Luana Reale ha presentato le sue tele sculture e le originalissime collane in ceramica. E non è mancata la partecipazione di BMW C.A.R.
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