di Redazione
Riassunto terza puntata
Ancora di malumore per la notizia del corso d’aggiornamento a Roma, Montalbano si reca a pranzo. Ma neanche i gustosi manicaretti di Enzo riescono a fargli tornare il buonumore. Non avendo né la forza né la voglia di fare niente se ne torna a Marinella. Una bella nuotata al tramonto è quello che ci vuole per ritrovare l’appetito. Dopo essersi gustato la cena lasciatagli da Adelina, Montalbano riceve la telefonata di Livia, la quale, saputo dell’imminente viaggio a Roma del commissario e dell’esigenza di portarsi dietro una felpa per le lunghe passeggiate mattutine, non può fare a meno di scoppiare a ridere. I due cominciano a litigare…
Quarta puntata
Addecise di partiri in aereo. Non se la sintiva di farisi tutte quelle ore di treno, stinnicchiato supra a un letto di centimetri 35 x 10 nel quali a ogniminimo movimento arrischiavi di catafotterti ‘n terra. Appena susuto, annò all’agenzia per farisi il biglietto. Da Punta Raisi l’aereo partiva alle setti e mezza del matino e ti dovivi prisintari un’orata prima della partenza. Il che viniva a significari partirisi da Vigata alle quattro e mezza del matino. Datosi che partiva per servizio e non per commodità so, chiamò a Gallo e gli disse che lo doviva accompagnari.
“Quanto ci metti da qui a Punta Raisi?”.
“Un’orata, dottore!”.
“E senza curriri come a Indianapolis?”.
“Un’orata e mezza”.
“Allora domani a matino alle cinco mi vieni a pigliare a Marinella”.
Mezzora di sonno guadagnata. Doppo un dù orate che stava in officio a firmare carte, trasì Fazio.
“Dottore, ora ora mi telefonò Mineo”.
Era un compagno di corso, simpatico, che era vinuto ad attrovare ad Augello. Sinni era partuto per Roma quella matina stissa con l’aereo che il jorno appresso avrebbi dovuto pigliari Montalbano.
“Che voleva?”.
“S’era scordato in casa di Augello ‘na busta di fotografie. Dice se gliela può portare lei a Roma”.
“Va bene, fattela dare da Augello… non è in ufficio?”.
“Nonsi, ancora non è arrivato”.
“Recuperate ‘sta busta entro stasira che me la metto in valigia”.
“Il dottor Mineo ancora scantato era”.
“Pirchì?”.
“Hanno avuto un viaggio laido assà. Dice che hanno incontrato vuoti d’aria che pariva sprufunnavano senza potiri cchiù sollevarsi”.
Appena che Fazio fu nisciuto dalla cammara, cominciò a considerari seriamente se era propio il caso di pigliari l’aereo. Capace che quella era stata ‘na specie di prova ginirali per una caduta definitiva. Va a sapiri come se la pensano gli aerei!
Niscì dal commissariato e annò nuovamenti all’agenzia.
“Vorrei cambiare questo biglietto” fici, pruiennolo alla picciotta graziosa che stava darrè al banco.
“Parte con un altro volo?”.
“No, voglio andarci in treno”.
“Allora io questo glielo rimborso, ma per fare un altro biglietto si rivolga alla mia collega”.
Maria! Quant’era laida e ‘ntipatica la picciotta che s’occupava dei biglietti dei treni! Le disse quello che addisidirava.
“Mi scusi, non ho capito bene. Ma lei quando deve essere a Roma?”.
“Domani mattina al massimo alle 11”.
“Allora sarebbe dovuto partire stasera col treno delle 20.30 da Palermo”.
“Che significa sarebbe dovuto?”.
“Quel treno è solo cuccette e vetture letto”.
“Embè?”.
“E’ tutto occupato”.
“E io ora cosa faccio?”.
“Doveva pensarci prima!” fici la ‘ntipatica col tono di una profissoressa di scola che ti sta futtenno in matematica.
“Venga qui da me” gli disse ‘na terza picciotta che si era pigliata di pietà. Montalbano si spostò.
“Vogliamo provare se trovo una cabina?”.
E perchè no? Se non aviva scelta, partire col papore era l’unica.
Fu accussì che Gallo quella sira stissa lo portò alla banchina del porto di Palermo. Acchianò sulla navi, la gabina era nica e stritta ma passabile, mangiò discretamente al self-service, passiò per un’orata sul ponte, si annò a coricare, si misi a leggiri, po’, a picca a picca, cullato dal mari, s’addrummiscì. A Napoli fici a tempo a pigliare il treno e alle deci e mezzo s’attrovò a Roma. Alle unnici e un quarto era al ministero.
“Hai portato la felpa?” fu la prima dimanna che gli fici Trevisan.
A malgrado che faciva cavudo, Montalbano rabbrividì.
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