Cultura
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05/11/2010 19:52

Ciampi si racconta: quest’Italia non è davvero il paese che sognavo

L'amarezza del presente, gli esempi eroici del passato

di Silvia Lambertucci

Roma – Alle soglie dei novant’anni passa ormai molto del suo tempo a casa, il presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi. Rilegge Leopardi, da sempre sua grande passione, e guarda all’Italia di oggi con una buona dose di amarezza.

«Ora che è venuto il tempo dei bilanci mi rendo conto che sto vivendo in un paese ben diverso da quello che avevo sognato», confida all’amico giornalista Alberto Orioli, vice direttore del Sole 24 Ore, che in vista dei 150 anni dell’Unità d’Italia lo ha coinvolto in un lungo, densissimo colloquio sulla storia della nazione, da cui è scaturito un libro, “Non è il paese che sognavo” (Il Saggiatore, pp. 224, euro 16).

Da qualche mese, adducendo motivi anagrafici e di salute, Ciampi ha lasciato l’incarico di presidente del Comitato nazionale per le celebrazioni dei 150 anni, sostituito da Giuliano Amato. In molti hanno visto in questo suo farsi da parte una protesta garbata contro lo scarso interesse mostrato dal governo nei confronti del patriottico compleanno.

Lui glissa, «ho deciso di attenermi alla condotta prudente che l’anagrafe mi impone», dice.

L’amarezza, oggi, arriva dalla politica e dalla situazione generale del Paese, con gli attacchi al Quirinale, alla Costituzione, alla Corte Costituzionale, alla magistratura. Riguarda la stagione dei pasticci sulle liste elettorali, delle querelle tra istituzioni. E poi gli scandali del G8, il malcostume della cricca su appalti e politica, le disavventure dell’economia, lo scontro continuo tra le opposte fazioni in Parlamento. Il presidente cita il suo amato poeta, «sì – confessa – a volte penso di assistere ad uno strazio “leopardiano” delle aspettative». Mentre sottolinea «l’imbarbarimento progressivo dell’etica pubblica e del vivere civile». Ma la sua non è una resa.

«Quando leggo i giornali e ne vedo ritratta un’Italia meschina , così meschina da essere ingenerosa verso gli stessi italiani – spiega – penso al motto di Nello Rosselli, “non mollare…”. Quando mi sembra che non ci siano speranze, mi aggrappo a quegli esempi eroici». Poi ci sono i giovani da formare, da incoraggiare, ai quali guardare come speranza. Anche per loro, soprattutto per loro, l’anziano presidente sottolinea l’importanza della storia. La necessità di non perdere di vista i valori più alti del Risorgimento, la conquista dell’Unità, l’Inno (quello di Mameli naturalmente: quello prediletto dai leghisti, “Va pensiero” – sostiene Ciampi – non è un inno, è una struggente e bellissima aria di un popolo vinto), il tricolore («un simbolo vivo, sempre attuale»). Così l’imminenza dei 150 anni dell’unità d’Italia diventa uno spunto per ripercorrere la storia del Paese attraverso gli occhi, la vita, i ricordi del presidente, con il tricolore come simbolico filo rosso.

E il racconto si condisce di aneddoti del Ciampi pubblico e di quello privato che coinvolgono grandi nomi dell’arte, dell’imprenditoria, dello spettacolo, della politica. Sempre pensando all’Italia, vengono fuori l’amicizia con Alberto Sordi («la sorella era molto amica di Franca, li invitavo al Quirinale per scambiare qualche impressione sull’amata Italia senza riflettori») e quella con il “garibaldino” Guttuso («amico dolcissimo e geniale»).

Ciampi racconta di quando andava a trovare il pittore nel suo studio romano alla salita del Grillo, ai tempi di Bankitalia, lui in completo blu, Guttuso tra il disordine di tele e pennelli con il bicchiere di whisky in mano.

Non meno interessanti i ritratti dei capitani di industria, da Leopoldo Pirelli («il miglior imprenditore italiano») a Gianni Agnelli, di cui nota «un tratto inconfondibile di innata freddezza» che forse, dice, «è stato anche la sua condanna, il suo limite, probabilmente anche nei rapporti familiari». Ma ci sono anche Luca Cordero di Montezemolo, Marco Tronchetti Provera, Carlo De Benedetti («che dire? Naturalmente uno sa che parla con De Benedetti…»). Pagina dopo pagina, parlando di patria e di risorgimento, Ciampi rilegge l’Italia. Con uno sguardo sempre lucido per capire e affrontare le sfide del presente.