Cultura
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26/01/2011 01:24

Clandestino, clandestino, mano negra, illegal

Immigrazione

di Daniela Citino

E’ già l’alba. Si parte. Laura Galesi e Antonello Mangano hanno preso anche loro il biglietto d’andata e ritorno dall’inferno. Lo fanno da cronisti, da giornalisti che hanno scelto di raccontare la terra del Sud quella, però, non dove il “mare luccica”, quella fatta di ombre umane, di centinaia e centinaia di invisibili che si aggirano nelle campagne agricole del Meridione, quelli, dicono Galesi e Mangano, che “Voi li chiamate clandestini”. Dal tavoliere delle Puglie attraversando la Calabria giungendo sino in Sicilia, magrebini, e ora rumeni, per 20, 30 euro al giorno, diventano gli ingranaggi deboli e fragili dello sfruttamento lavorativo. “Elementi di una filiera lunga – spiega Laura Galesi durante la presentazione del volume nello spazio di Lababe – economia dell’assurdo fatta di passaggi inutili, di mediazioni estorsive e caporalato”. Filiera anomala dove le illegalità si confondono contaminandosi con le mafie dei luoghi. Un fenomeno che lo stesso Mangano racconta in un libro- inchiesta dedicato a Rosarno, città-simbolo, catapultata, dopo la rivolta, in una forte eco mediatica. In”Voi li chiamate clandestini” Mangano e Galesi si fermano anche a Vittoria e di questa città scrivono che “è diversa da tutte le altre che abbiamo incontrato nel nostro viaggio. Più che un centro agricolo è un distretto industriale. Ma rimane una sensazione di incompiuto per questa economia che ha conosciuto nei decenni passati una crescita impetuosa. Oggi è in rallentamento, ha prodotto il mito dell’oro ma anche case senza intonaco esterno e con i rubinetti d’oro all’interno, amministratori comunisti eletti e rieletti da veri plebisciti, e ha prodotto anche una distesa di seconde case abusive nella costa di Scoglitti, la stessa resa celebre dalla fiction di Montalbano”. 
Galesi e Mangano, fermandosi in questa città, osservandone da vicino il sottobosco della clandestinità, scoprono storie, allucinanti e terribili di una famigerata “guerra tra poveri”, di rumeni contro magrebini, e di donne rumene, schiave della terra e del sesso. “In Puglia – spiega Laura Galesi – i rumeni guadagnano di più perché non hanno il problema della cittadinanza, qui accade esattamente il contrario facendo cosi ribassare i prezzi del costo della manodopera con l’effetto di scatenare lo scontro con i migranti africani”. Poi il racconto choc sulle donne. Scritto nel libro con le parole di Padre Beniamino Sacco. “Ci sono sere in cui il datore di lavoro, insieme ai suoi amici, aiuta ad arrotondare la paga delle lavoratrici. Sono veri e propri fenomeni di abuso. Sembra di essere tornati all’epoca feudale. La serva deve servire a tutto, un fenomeno che non si verifica solo nelle campagne”. Storie di abusi e storie di lacerazioni, con una dolorosa sequela di aborti a catena. A questo riguardo, scioccante e paradigmatico è quello che scrivono i due autori. “Donne straniere sole e senza assistenza nell’uso degli anticoncezionali. Secondo quanto si racconta, una diciassettenne ha partorito un neonato che poi sarebbe stato scaraventato dalla finestra di un appartamento”. Altre anomalie, ma questa volta si va a Niscemi. Qui, si vende il “gruppo”. “Per tre giorni – racconta l’autrice – un gruppo di quindici lavora in un’azienda che li cede a un’altra, e poi così, a giro, senza ingaggi, senza contributi, anzi, i loro contributi, per la verità, finiscono nel libretto delle giornate lavorative di un altro bracciante”.
A Lababel con Laura Galesi, c’è Peppe Scifo della Cgil: “Esiste il lavoro nero, il lavoro grigio e il neo-schiavismo. Non esiste un solo contratto a tempo indeterminato. Solo lavoratori stagionali. Un immigrato deve acquistarsi al mercato nero le giornate, deve comprare il contratto di lavoro, che gli serve per il suo permesso di soggiorno. Poi magari quello stesso immigrato va a lavorare per un’altra azienda in nero”. “Contratti di lavoro comprati – afferma Laura Galesi – a cinquemila euro. Finiti i quali, si entra nel buio della clandestinità e del reato. Siamo l’unico paese europeo che considera illegale la permanenza in uno stato di un uomo in cerca di lavoro. Una stortura che deve essere corretta. La clandestinità non è un reato. E’ una condizione umana di sofferenza e di precarietà”.