Non abbiamo bisogno di toccarlo per dire che c’è, esiste, l’amore, in fondo, è dappertutto, in ogni cosa che facciamo ogni giorno, in ogni vita che ogni giorno viviamo.
Love is Love, è vero.
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Ci ha fatto sognare, cantare, apprezzare le sonorità reggae, le chitarre punk e infine, ballare con ritmo e le melodie pop. Questo è stato Boy George, voce solista dei Culture Club che proprio ieri ha festeggiato il suo sessantesimo compleanno.
Entrava in scena truccato da bambola giapponese. Una bambolona, lo definivano i tabloid. Per noi, semplicemente, un mito, un divo. La sua omosessualità, ostentata per esigenze di copione e che ha contribuito non poco al successo mediatico della band, nascondeva mille diversità. Icona gay per vendere in vinile la trasgressione di tutta un’epoca, ed eterno romanticone. In cuor suo, infatti, pulsavano tutte le fragilità dell’uomo, George, nato maschio, che amava un maschio.
Fidanzato da sempre col batterista della band, un amore talmente grande tanto da essere vissuto in segreto per contratto e per quieto vivere con gli altri componenti del gruppo.
Questo era il Boy George dai mille cappelli.
Lo abbiamo amato anche per la sua originalità
Auguri, George.