Da belén a berlon il passo è brevissimo
di Un Uomo Libero.
Modica – Il 5 agosto 2021 su questo giornale online Ragusanews ho pubblicato un breve saggio dal titolo “La Chiesa di S. Maria di Betlemme e il suo mistero”.
Scrivevo di mistero e non a sproposito.
La chiesa tuttavia si è rivelata un vero rebus e chissà quali grandi sorprese ci riserverà a mano a mano che la più recente ricerca storica procede nel faticoso scavo delle memorie.
Già qualcosa sin d’ora è possibile puntualizzare senza tema di smentite. E cioè che la Chiesa è fra le più antiche di Modica.
Rimando comunque al saggio sopra citato il lettore interessato alle notizie storiche che riguardano il tempio.
In quest’altro articolo voglio sciogliere un vero e proprio enigma che sempre ha accompagnato la lunetta, un tempo inserita in uno spazio architettonico compreso tra l’architrave della porta e l’arco del portale, oggi collocata in un’anonima fiancata della chiesa. È un grazioso bassorilievo raffigurante una natività, scolpito in calcare tenero e poi dipinto, balzato agli onori della cronaca per essere stato di recente restaurato.
Da subito bisogna puntualizzare che la denominazione popolare “lunetta di Berlon” come ancora spesso si continua a chiamare tale opera e come per qualche secolo è stata sempre conosciuta è errata e ingiusta.
Nel 1512 a Modica vivevano più castigliani che siciliani autoctoni. “Berlon” è una chiara e indiscutibile alterazione fonetica di “Belén”, nome della città di Betlemme in castigliano ma anche più comunemente sempre in castigliano “presepe”. E un presepe, in effetti, nella lunetta è raffigurato.
Da belén a berlon il passo è brevissimo.
È curioso come per tanti secoli, a cominciare dal Carrafa nel Seicento, a nessuno sia venuto in mente che il termine “berlon” fosse una storpiatura del termine castigliano “belén” e quest’ultima sia stata ripetuta fino ad agitare le notti di qualche studioso contemporaneo o del passato più prossimo che pur di spiegare l’origine del termine non ha disdegnato di scrivere autentiche sciocchezze.
Le vicende che si susseguirono dopo il secolo d’oro della Contea di Modica, il Cinquecento, portarono gradualmente all’oblio della lingua castigliana. Al riscontro con gli originali antichi scritti in castigliano appare chiaro quanto siano improbabili e inesatte alcune trascrizioni lasciateci da storici del passato.
La povera lunetta comunque è andata incontro a ben altre peripezie.
Mesi fa, dopo la pubblicazione del mio libro sulla storia della Contea dal titolo La Contea di Modica nei primi anni del Cinquecento/ Storia di un giallo e di una contabilità ritrovata, Ed. The Dead Artists Society, Scicli 2019, fui contattato per una consulenza sull’iscrizione illeggibile che figurava alla base.
Ero molto allenato nella lettura di quel tipo di scrittura gotica abbastanza usata in Castiglia nel primo Cinquecento (la copia del testamento di Fadrique Enriquez, almirante di Castiglia e conte di Modica per aver sposato Anna Cabrera, su cui avevo lavorato per la stesura del libro sulla Contea era scritta con caratteri molto simili a quelli scolpiti nel cartiglio). Non ebbi, dunque, grandi difficoltà a leggere e a trascrivere la leggenda che illustrava la lunetta del presepe.
Il problema non si pose nella trascrizione, i veri guai arrivarono nel momento della traduzione al punto tale da dover richiedere l’autorevole parere di uno dei maggiori studiosi spagnoli di gnomonica, Pedro Novella, gentilmente segnalatomi dalla Societat Catalana de Gnomònica.
Il testo dell’iscrizione si compone, infatti, di due parti.
La prima contiene la data esattissima della sua collocazione.
La seconda “racconta” il vero motivo per cui quella lunetta era stata creata.
Per meglio comprendere l’iscrizione, è opportuno cominciare a illustrare la seconda parte.
[OMNI]BUS EXORITUR. IN D/NI. DIE ILLO. XII MENSE. MERIDIE
L’espressione vuole ricordarci che proprio in quel giorno del Signore che corrisponde al Natale, Gesù Cristo, come vero sole che sorge, è nato per tutti gli uomini.
Questo messaggio è affidato alla Natività scolpita nella lunetta.
Bisogna capire ora la prima parte.
ANNO NATIVITATIS [D/NI]. MCCCCC[XII]. I IND. [SOL]STICIJ. [H]ORA. IID[IEI]. IIIIJ
Questa sicuramente ci dà la data della collocazione della lunetta. L’anno purtroppo è stato cancellato sulla pietra ma non è stato difficile individuarlo grazie agli spazi vuoti, all’ora esatta e agli stessi minuti indicati per il solstizio d’inverno. Nel nostro caso l’unico solstizio che si verificava a quell’ora e in quei minuti era proprio quello dell’anno 1512.
In effetti, la lunetta ha cominciato a “funzionare” dal giorno del solstizio d’inverno dell’anno 1512.
E qui sono cominciati i problemi. Il 4 ottobre 1582 entrava in vigore la riforma del calendario detta “Gregoriana”, voluta dal papa Gregorio XIII, rispetto all’altra “Giuliana”, voluta da Giulio Cesare.
Secondo la riforma gregoriana il solstizio d’inverno nell’anno 1512 cadeva il 22 dicembre, al quale corrispondeva nella riforma giuliana il giorno giuliano 2273671.586806. Nel 1512 si utilizzava però l’anno giuliano e il computo del solstizio doveva essere retrodatato al 12 (un giorno da sottrarre dalla data gregoriana del solstizio per ogni 133 anni per un totale di dieci giorni). Restano comunque sempre invariati l’ora e i minuti che risultano calcolati in ore italiche per cui vuol dire che sarebbero mancati ore due e minuti cinque al tramonto del sole nel giorno del solstizio d’inverno di quell’anno. La lunetta contiene l’ora esatta al minuto secondo!
Chi ha potuto eseguire calcoli tanto sofisticati nel 1512 a Modica? Certamente un grande matematico. Questo è l’originale segreto custodito gelosamente dalla lunetta.
Perché prima ho scritto sopra che la lunetta cominciava “a funzionare”?
La lunetta, in effetti, è una meridiana a camera oscura, forse fra le più antiche della Sicilia pervenute fino a noi.
Il foro praticato in alto, tra la cuspide e la testa dell’angelo, aveva lo scopo di catturare un raggio di sole per poi proiettarlo all’interno della chiesa. L’orifizio era supportato da una piastra metallica quadrata fissata alla lunetta da un chiodino (il foro ancora è visibile a occhio nudo e la traccia di una piastra è facilmente identificabile pure) nella quale l’orifizio era accuratamente ritagliato.
Che cosa illuminava la meridiana nell’antica chiesa di S. Maria di Betlemme di Modica? Una sepoltura? Un tabernacolo? Un Bambino Gesù? Un’iscrizione?… Non lo sapremo mai!
Come non capiremo mai perché si sia persa nei secoli la memoria di questa importantissima meridiana, al punto tale che il Carrafa la menziona solo come una semplice lunetta.
La lunetta/meridiana della chiesa di S. Maria di Betlemme di Modica presenta parti danneggiate. Ciò farebbe supporre che sia stata colpita da calcinacci forse durante qualche terremoto.
Doveva sicuramente completare un portale di rilievo come altri presenti nel territorio (a titolo esemplificativo si vedano la Chiesa di S. Maria del Gesù nella stessa Modica o il portale della vecchia chiesa di San Giorgio nella vicina Ragusa).
Forse l’armonia della scena della Natività l’ha salvata da qualsiasi vandalismo. Risulta, infatti, staccata dalla parete originaria perché sono visibili i danni nelle parti più delicate causati da questo distacco. Quando ciò è avvenuto e chi lo ha eseguito? Sono domande che non troveranno sicuramente risposte.
La lunetta per funzionare come meridiana doveva essere posizionata a sud, l’attuale collocazione è forzata e richiederebbe una speciale attenzione.
Spero che l’Amministrazione Comunale, la Diocesi di Noto, la Soprintendenza e quanti hanno a cuore la storia della città vogliano agire in tal senso e provvedere.
Se nulla accadrà, la lunetta col tempo finirà di interrogarci per sempre.
Crediti
Uno speciale ringraziamento va alla generosa e disinteressata consulenza del grande esperto di gnomonica spagnolo, Pedro Novella; a Antonio Moriconi Webmaster del sito Frosinone meteo.it di Mauro Moriconi.
Carrafa P., Prospetto corografico istorico di Modica, volgarizzato da Filippo Renda, voll. I e II, Tip. Di Mario La Porta, Modica 1869.
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